In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte provocata da un illecito, ad esempio un sinistro, ricorre il danno biologico terminale nel periodo di tempo interposto tra la lesione e la morte.
Danno biologico terminale: percezione della sofferenza fisica e psicologica
Danno biologico terminale: la posizione più recente della Cassazione
Danno biologico terminale: gli approdi della Cassazione
Danno biologico terminale: la lesione del bene salute
Danno biologico terminale: il danno da lucida agonia
Danno biologico terminale: percezione della sofferenza fisica e psicologica
Questo è il danno biologico in senso stretto, ossia il danno al bene salute, al quale, nell'unitarietà del genere danno non patrimoniale, può aggiungersi un danno morale specifico, cosiddetto danno morale terminale.
In sostanza è il danno da percezione concretizzabile sia nella sofferenza fisica derivante dalle lesioni, sia nella sofferenza psicologica (agonia) derivante dall'avvertita imminenza dell'exitus, se nel tempo che intercorre tra la lesione ed il decesso la persona si trovi in una condizione di lucidità agonica, in quanto in grado di percepire la sua situazione ed in particolare l'imminenza della morte, essendo quindi irrilevante, a fini risarcitori, in tale ipotesi, il lasso di tempo intercorso tra la lesione personale ed il decesso.
Danno biologico terminale: la posizione più recente della Cassazione
Si tratta di un principio assai importante, ultimamente confermato dalla Corte di Cassazione Sezione 6 3 civile, con ordinanza n. 23153 del 17.09.2019.
La Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva escluso il diritto al risarcimento del danno morale terminale, e, quindi, la sua conseguente trasmissibilità iure hereditatis, senza accertare se la vittima si trovasse in una condizione di lucidità agonica, nonostante fosse emerso che il lasso temporale tra lesione e morte, tutt'altro che brevissimo, ammontasse ad alcune ore.
Danno biologico terminale: gli approdi della Cassazione
Dopo gli ultimi approdi giurisprudenziali anche a Sezioni Unite (Cass. S.U. 15350/2015), alla vittima può essere risarcita la perdita di un bene avente natura non patrimoniale, nella misura in cui la stessa sia ancora in vita.
Nella vicenda acquisitiva del diritto alla reintegrazione della perdita subita, la capacità giuridica è riconoscibile soltanto in favore di un soggetto esistente.
Pertanto, i danni non patrimoniali risarcibili alla vittima, trasmissibili jure hereditatis possono consistere:
Danno biologico terminale: la lesione del bene salute
a) nel danno biologico (cd. danno terminale) determinato dalla lesione al bene salute, quale danno-conseguenza consistente nei postumi invalidanti che hanno caratterizzato la durata concreta del periodo di vita del danneggiato dal momento della lesione fino all'exitus;
Danno biologico terminale: il danno da lucida agonia
b) nel danno morale cd. soggettivo (cd. danno catastrofale o da lucida agonia), consistente nello stato di sofferenza spirituale od intima (paura o paterna d'animo) sopportato dalla vittima nell'assistere al progressivo svolgimento della propria condizione esistenziale verso l'ineluttabile fine-vita. Trattandosi di danno-conseguenza, l'accertamento dell'an" presuppone la prova della cosciente e lucida percezione dell'ineluttabilità della propria fine.
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