Lunedì, 18 Dicembre 2017 08:24

Obbligo di diligenza nella custodia delle armi: in che cosa consiste?

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  • Un caso dove gli imputati sono assolti da tutte le ipotesi di reato.

 

Premessa.

In generale tutte le ipotesi accusatorie devono sempre essere confermate nel corso dell’istruttoria dibattimentale; se manca questa conferma, il Giudice assolve.

 

Vediamo allora cosa succede a gennaio del 2017 davanti il Tribunale penale di Firenze.

 

  • Due persone si trovano ad affrontare un giudizio per quattro ipotesi di reato:

 

  1. reato art. 697c.p. perché uno dei due deteneva un rilevante quantitativo di munizioni pari a 1994 tra cartucce e proiettili senza averne fatto regolare denuncia alle autorità competenti,

  2. reato art. 20 legge 110 del 1975 perché uno degli imputati non usava diligenza nella custodia delle armi secondo le modalità prescritte dall'autorità di pubblica sicurezza. In particolare le armi regolarmente denunciate (n. 9 tra fucili, carabine e sovrapposti) unitamente al munizionamento erano custodite in un vano aperto dell'abitazione, accessibile a tutti i familiari, ivi compresi i figli, su di una rastrelliera priva di protezione,

  3. reato art. 58 R.D. 6 maggio 1940 n. 635 in relazione all'art. 221 del TULPS perché il primo imputato ometteva di denunciare all'autorità di P.S. competente, il trasferimento del luogo di detenzione di un fucile rinvenuto in luogo diverso dalla residenza in cui le armi potevano essere legittimamente detenute,

  4. reato art. 699 c.p. perché il secondo imputato senza essere in possesso della licenza dell'Autorità preposta portava il fucile di cui al capo C. fuori dall'abitazione consegnandolo ad altra persona.

 

 

Come annunciato, la seconda sezione penale del Tribunale di Firenze li assolve su tutti i capi di imputazione perché il fatto non sussiste.

 

Vediamo perché (sentenza n. 62/2017).

 

 

Reato art. 697 c.p. 

Uno dei due deteneva un rilevante quantitativo di munizioni pari a 1994 tra cartucce e proiettili senza averne fatto regolare denuncia alle autorità competenti.

 

Ai sensi dell'art. 38 TULPS deve essere effettuata entro le 72 ore dall'acquisizione della materiale disponibilità.

 

Quindi il primo imputato avrebbe dovuto denunciare all'autorità di pubblica sicurezza la sopravvenuta acquisizione di un quantitativo di munizioni per fucile da caccia superiore alle mille unità entro 72 ore.

 

Ma l'istruttoria, durante la causa penale, non ha fornito alcun contributo circa il momento in cui l’imputato sarebbe venuto in possesso di tali cartucce, se si eccettuano le dichiarazioni del predetto. 

Dichiarazioni, peraltro, credibili poiché l'esibizione del corpo di reato in aula permette di appurare che la gran parte delle cartucce sottoposte a sequestro sono rivestite in cartone e sono, dunque, estremamente risalenti nel tempo. Plausibile, quindi, che il soggetto, come riferito, ne fosse venuto in possesso a seguito dello sgombero del garage della suocera, quale lascito del defunto marito cacciatore, seppure non vi siano elementi per poter asserire con certezza che detto sgombero fosse avvenuto, come dichiarato, proprio il giorno prima.

 

Del resto, mancano elementi idonei a sostenere un diverso accadimento dei fatti, ecco perché non può che emettersi sul punto sentenza di assoluzione.

 

 

 

Reato art. 20 l. 110/75 

perché uno degli imputati non usava diligenza nella custodia delle armi secondo le modalità prescritte dall'autorità di pubblica sicurezza.

 

L'art. 20 L. 110/1975 punisce con l'arresto da uno a tre mesi ovvero con l'ammenda fino a Euro 516,00 chiunque non custodisce le armi "con ogni diligenza".

Particolari modalità di custodia possono poi essere prescritte dall'Autorità di Pubblica Sicurezza per chi esercita professionalmente attività in materia di armi, ovvero è autorizzato alla loro raccolta o collezione.

 

Nel nostro caso risulta che il primo imputato non esercita alcuna attività professionale in materia di armi. Detiene i propri fucili in quanto cacciatore con porto d'armi ad uso venatorio.

Come tale egli è tenuto a custodire le proprie armi con ogni diligenza.

Detta diligenza non può che essere valutata caso per caso al fine di stabilire se la stessa sia stata o meno rispettata.

 

Sul punto la Corte di Cassazione si è espressa numerose volte affermando che l'obbligo di diligenza nella custodia delle anni previsto dall'art. 20 della L. 18 aprile 1975, n. 10, quando non si tratti di soggetti che esercitino professionalmente attività in materia di armi ed esplosivi, deve ritenersi adempiuto alla sola condizione che risultino adottate le cautele che, nelle specifiche situazioni di fatto, possono esigersi da una persona di normale prudenza.  

 

Per esempio, "Non costituisce violazione dell'obbligo di diligenza nella custodia delle armi, previsto e sanzionato dall'art. 20 l- 110/75, la detenzione, da parte di taluno, di un fucile da caccia all'interno del garage di sua esclusiva proprietà, non sussistendo per il privato cittadino alcun obbligo di adottare particolari sistemi ed efficienti misure di difesa antifurto, né rilevando l'eventuale inidoneità di tali modalità di custodia ad impedire l'impossessamento dell'arma da parte di minorenni o altri soggetti incapaci o imperiti, dal momento che tale inidoneità può rilevare, sussistendone le condizioni, solo con riferimento alla diversa e specifica ipotesi prevista dall'art. 20 bis stessa legge (omessa adozione delle cautele necessarie nella custodia di armi)".

 

Inoltre "Deve ritenersi adempiuto l'obbligo di cui all'art. 20, secondo cui la custodia delle armi deve essere assicurata "con ogni diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica", nella condotta dell'imputato che deteneva una pistola, separata dal relativo caricatore, occultata sotto un materasso, con la conseguenza che occorreva intenzionalmente sollevare quest'ultimo per rinvenire l'arma. di per sé inefficiente: il caricatore era custodito all'interno di cassapanca collocata in altra stanza dell'edificio" (Cassazione penale, sez. I, 01/02/2017, n. 13570).

 

Nel caso commentato è emerso che l’imputato era solito detenere le proprie armi all'interno di una apposita fuciliera a muro, di fattura tradizionale, aperta sul davanti. All'interno ogni fucile era assicurato all'altro e alla struttura mediante una catena chiusa con un apposito lucchetto.

 

Si tratta di una modalità di conservazione rispettosa di quel criterio di diligenza dettato dalla norma penale. Evidente, difatti, che chiunque si fosse voluto impossessare di uno dei fucili avrebbe ¦ dovuto preventivamente aprire il lucchetto previa sottrazione della chiave ovvero previa scassinatura.

Non si può dunque parlare di mancanza di diligenza, essendo evidente che la persona in questione aveva adottato adeguate cautele, volte ad evitare l'impossessamento delle proprie armi.

 

L'affermazione degli agenti che detti fucili avrebbero dovuto essere conservati all'interno di un armadietto blindato ancorato al muro non regge: nessuna nonna, difatti, prescrive un simile accorgimento per il detentore non professionale di armi.

La circostanza, poi, che al momento del controllo la fuciliera fosse aperta e uno dei fucili risultasse poggiato a terra, non cambia la sostanza delle cose. Evidente che il detentore di armi ha tutta la libertà di utilizzarle, prenderle in mano, esaminarle, controllarle e quant'altro, in quello che è il luogo di detenzione.

 

Diversa cosa sarebbe stata se al momento del controllo il detentore fosse stato assente e le armi fossero state lasciate qua e la anziché chiuse nell'apposita fuciliera.    

 

 

 

Reato art. 58 R.D. 635/40 

in relazione all'art. 221 del TULPS perché il primo imputato ometteva di denunciare all'autorità di P.S. competente, il trasferimento del luogo di detenzione di un fucile rinvenuto in luogo diverso dalla residenza in cui le armi potevano essere legittimamente detenute.

 

Sul al capo C) dell'imputazione "in caso di trasferimento ...da una località all'altra dello Stato ... il possessore deve ripetere la denuncia di cui all'art. 38".

Ora, la norma presuppone il trasferimento del luogo di detenzione delle armi da una località all'altra dello Stato e non certo da una stanza all'altra della propria abitazione.

 

Nel caso di specie il fucile marca Franchi non viene rinvenuto presso un altro comune, o quantomeno presso una diversa frazione o località del medesimo, ma semplicemente all'interno di un locale chiuso a chiave, ad uso cantina o stanza di sgombero, adiacente all'abitazione dell’imputato quale pertinenza e dallo stesso condotto in locazione, al pari dell'abitazione medesima, mediante un unico contratto di locazione.

 

 

 

Reato art. 699 c.p. 

perché il secondo imputato senza essere in possesso della licenza dell'Autorità preposta portava il fucile di cui al capo C. fuori dall'abitazione consegnandolo ad altra persona.

 

La circostanza, pur ammessa dalla persona interessata, di aver consegnato il fucile calibro 28 all’altro (presso il quale è stato  sequestrato) non rappresenta alcuna prova del fatto che lo stesso imputato abbia anche portato fuori dell'abitazione detto fucile.

Ha, difatti, riferito di aver consegnato il fucile all’antagonosta su richiesta del padre, sulla porta di casa. La circostanza, in mancanza di elementi che possano far ritenere il contrario, non può che essere creduta.

 

 

 

La soluzione del Tribunale

Il Giudice Martina Incani risolve la vicenda in modo lineare e coerente con quanto emerso in corso di causa.

Visto l'art. 530 co. c.p.p. assolve i due imputati dai reati loro rispettivamente ascritti perché il fatto non sussiste. Dispone il dissequestro e la restituzione all'avente diritto delle armi e delle munizioni in sequestro.

 

 

Altre informazioni su questo argomento?

Contatta l’Avv. Francesco Pandolfi

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Letto 26092 volte Ultima modifica il Lunedì, 18 Dicembre 2017 08:43
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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