Mercoledì, 03 Gennaio 2018 12:31

Porto di pistola: quali e quante sono le questioni sul rinnovo della licenza?

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Rinnovo della licenza del porto di pistola

Il Tar Genova, con la sentenza n. 919 del 18 dicembre 2017, riporta al centro dell’attenzione la questione del rinnovo della licenza di porto di pistola.

Tema delicato, lo sappiamo.

 

Il nocciolo della questione, tratteggiato in questa pronuncia, continua a essere quello: arma “si” se le circostanze specifiche provano un pericolo per l’incolumità personale attuale e concreto.

 

 

4 criteri da fissare

Il Tar parte da quattro punti, e cioè:

 

  1. la dimostrata necessità dell’arma,
  2. tiene presente l’ampiezza della discrezionalità amministrativa,
  3. ragiona sul "fino a che punto" si spinge il controllo dei giudici sulle decisioni dell’amministrazione di p.s.,
  4. si chiede quanto deve essere estesa l’istruttoria dell’amministrazione.

 

 

In pratica, segnala il Tar:

  • il legislatore italiano ha circoscritto l'uso delle armi -da parte di soggetti estranei alle forze dell'ordine- a casi di dimostrata necessità per l'intrinseca pericolosità tipica dell'utilizzo di strumenti ad alta potenzialità offensiva,
  • la giurisprudenza ha sempre riconosciuto un elevato grado di discrezionalità nelle valutazioni effettuate dall'amministrazione procedente,
  • il controllo da parte del giudice amministrativo si dirige verso le ipotesi di illogicità, o assenza di istruttoria o di motivazione nelle decisioni amministrative,
  • l’istruttoria dell’amministrazione di p.s. deve essere particolarmente accurata, con la verifica del permanere delle condizioni che avevano legittimato l'originario rilascio (e/o i rinnovi) della licenza.

Ora, in un articolo di novembre ho illustrato la sentenza del Consiglio di Stato n. 2410/17. La terza sezione del C.d.S. ha emesso infatti un’importante pronuncia favorevole per l’interessato, in materia di “circolazione armati per difesa.

La sentenza del Tar di oggi analizza alcuni aspetti già studiati dal Consiglio, che riguardano soprattutto il terzo e il quarto dei punti sopra elencati, ossia il controllo dei giudici e come deve essere svolta l’istruttoria.

 

 

Il caso precedente del C.d.S., l’imprenditore vince la causa

In quel caso specifico si era parlato di un imprenditore.

Il giudice di primo grado aveva già accolto il ricorso dell' appellato, sottolineando l'evidente contraddittorietà tra la motivazione conclusiva del diniego e la nota della Questura, in cui si afferma che "sussistendo, pertanto, le condizioni di dimostrato bisogno ex art. 42 del TULPS, anche alla luce della rimodulazione della politica dell'ordine e della sicurezza pubblica della Provincia decisa in sede di Coordinamento Provinciale delle forze di Polizia, questo Ufficio ritiene che il richiedente abbia effettiva necessità di circolare armato per difesa."

Il Ministero dell’Interno aveva proposto appello ma aveva perso, Utilizzando questi argomenti.

Il primo: erronea motivazione per violazione e falsa applicazione dell'art. 42 T.U.L.P.S.

Il "parere" fornito dalla Questura non è previsto dalla normativa di settore ma è semplicemente un rapporto richiesto dall'Amministrazione competente al fine di avere informazioni più complete circa il soggetto richiedente e, dunque, assolutamente non vincolante quanto alle valutazioni espresse al suo interno.

Il secondo è un tema ripreso dal una sentenza del CdS del 2016 che suona più o meno così: la generica esposizione al rischio lamentata dall'appellato in virtù della propria attività di imprenditore non vale a integrare quell'effettivo stato di bisogno richiesto dalla normativa di settore laddove, come nel caso in esame, il soggetto non dimostri fatti specifici da cui dedurre una qualificata esposizione a pericolo (Cons. Stato, III, n. 2977/2016).

Il terzo:  l'appellato non ha descritto la tipologia di attività svolta né ha fornito elementi utili a inquadrare il ramo produttivo nel quale è impegnata l'azienda di cui è amministratore unico; si è limitato ad allegare la propria qualità di imprenditore e agente assicurativo.  

Il quarto: va valorizzato lo stato conflittuale della famiglia dell'appellato con un vicino di casa il quale avrebbe, recentemente, aggredito la moglie dell'appellato; tale clima di tensione tra condomini non è certo il contesto ideale in cui inscrivere il rinnovo del porto di pistola richiesto dal coniuge di uno dei soggetti coinvolti.

Il quinto: dall'istruttoria è emersa l'insufficiente dimostrazione dell'attualità del requisito oggettivo del bisogno di andare armato.

Nello specifico, le denunce relative a furti di due auto e al furto di materiale agricolo avvenuti nel 2009 non rivestono il carattere dell'attualità del pericolo richiesto dalla norma.

Il sesto: sbaglia la sentenza del Tar nel considerare la portata della rimodulazione della politica dell'ordine e della sicurezza pubblica della provincia decisa in sede di Coordinamento Provinciale delle forze di polizia. In una  apposita riunione è stata condivisa l'esigenza di rideterminare i criteri di valutazione del dimostrato bisogno di andare armati, in deroga al generale divieto, stabilendo di tener conto della sussistenza di un pericolo attuale e concreto riferito al soggetto richiedente.

 

 

La soluzione del Supremo Collegio di Magistrati

Il Collegio sottolinea che nel decreto non c'è alcun riferimento alla conflittualità col vicino di causa, che quindi, non rileva.

Per il resto il CdS condivide la valutazione del Tar in ordine al presupposto fondamentale del rinnovo, che la Prefettura ha ritenuto indimostrato.

In effetti, la nota della Questura, ancorché non vincolante, proviene dall'organo di p.s. che si presume abbia una conoscenza diretta del soggetto interessato.

Soprattutto, l’imprenditore appellato ha rappresentato le ragioni specifiche e ha dettagliato la sua attività, in quanto, a seguito del preavviso di diniego, sono stati indicati i fatti pregressi: un tentativo di rapina del 2015 e l'aggressione subita dalla moglie da parte del vicino nel 2014.

Sembra evidente che questi elementi, quale che sia la valutazione del loro significato, abbiano attinenza non soltanto ad interessi patrimoniali, ma anche all'incolumità personale dell'appellato e dei suoi familiari.

In conclusione: la Prefettura è stata chiamata a rinnovare la valutazione, considerando motivatamente tutti gli elementi introdotti nel procedimento.

 

 

Il caso di oggi del Tar, il criterio da tenere presente

Per tornare al caso del Tar del 18 dicembre 2017 il principio è lo stesso del C.d.s., dal momento che viene posta attenzione "sull’individuazione di specifiche circostanze attestanti un attuale e concreto pericolo per l'incolumità personale".

Nel caso concreto, le attività ricordate dal ricorrente per giustificare il permanere della necessità di ottenere il porto d'armi, (licenza d'investigatore privato; guardia giurata-guardia zoofila; autorizzazione a servizio di ausilio alle forze di polizia sul territorio genovese) andavano integrate al fine di spiegare la necessità del porto per lo svolgimento di questi servizi: infatti rimane il criterio in virtù del quale vanno individuate specifiche circostanze attestanti un attuale e concreto pericolo per l'incolumità personale.

 

 

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Letto 8486 volte Ultima modifica il Mercoledì, 03 Gennaio 2018 12:42
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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