Un caso concreto che viene qui riportato in sintesi, data l'importanza dell'argomento e l'interesse di moltissimi lettori per la delicata questione.
Il Prefetto emette un divieto di detenere armi, munizioni e materie esplodenti, ai sensi dell’art. 39 del T.U.L.P.S., reputando essere venuto meno il requisito dell’affidabilità della persona, in relazione al fatto che era stato tratto in arresto poiché colto in flagranza del reato di porto abusivo di pistola.
Il reato viene poi dichiarato estinto.
L'interessato però non impugna il decreto prefettizio, ma presenta una domanda di riesame al fine della revoca della misura interdittiva.
Non riceve alcuna risposta; pertanto decide di propone un ricorso con il quale deduce la violazione dell’obbligo di provvedere sulla citata richiesta di riesame in relazione al divieto di detenere armi e chiede che sia accertata e dichiarata l’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione, quindi che venga ordinato a quest’ultima di concludere il procedimento con un provvedimento espresso.
Ebbene, il Tar Palermo (sentenza n. 508 del 20.02.2019) accoglie la domanda.
Per farlo, parte da una premessa.
Il Collegio non ignora il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui va esclusa la sussistenza in capo alla Pubblica amministrazione dell'obbligo di provvedere in ordine alle istanze del privato volte all'esercizio del potere di riesame.
Tuttavia, fermo restando la validità del principio appena evocato nella generalità dei casi, il Collegio ritiene che allo stesso si possa fare eccezione.
Vediamo il perchè di questa utile decisione
Il perchè è presto detto ed è racchiuso in queste poche parole:
Il provvedimento inibitorio adottato non può avere efficacia all'infinito.
Un’interpretazione di segno contrario farebbe sorgere seri dubbi sulla legittimità costituzionale della disciplina in argomento, in relazione al principio di buon andamento dell’amministrazione pubblica (art. 97 C.) ed ai connessi canoni di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto non risponde ad alcun interesse pubblico la protrazione a tempo indeterminato del divieto, quando sia venuta meno l’attualità del giudizio di pericolosità in precedenza espresso.
S’impone, dunque, un’interpretazione costituzionalmente orientata del sistema normativo cosicché, a fronte della mancanza di un limite temporale di efficacia del provvedimento de quo, come contrappeso, deve riconoscersi in capo al destinatario un interesse giuridicamente protetto ad ottenere, dopo il decorso di un termine ragionevole ed in presenza di positive sopravvenienze che abbiano mutato il quadro indiziario posto a base della pregressa valutazione di inaffidabilità, un aggiornamento della propria posizione e, in caso di esito positivo, la revoca dell’atto inibitorio.
Pertanto, fermo restando l’ampia discrezionalità riservata in materia all’autorità prefettizia, nel caso esaminato trova piena riespansione il generale obbligo di pronunciarsi sull’istanza di revisione del privato.
In conclusione, il silenzio serbato sulla domanda di riesame va dichiarato illegittimo, sussistendo l’obbligo dell’autorità prefettizia di provvedere in merito, concludendo il relativo procedimento mediante un provvedimento espresso e motivato
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