Quali sono le norme che si devono osservare nel caso in cui una persona riceve la notifica di un divieto di detenzione armi e, in aggiunta, di un decreto con il quale gli viene revocata la licenza di fucile uso caccia e il relativo libretto?
Quali sono, in questi casi, i veri poteri dell’Autorità di Pubblica Sicurezza?
Che cos’è il potere vincolato?
Che cos’è il potere discrezionale?
Cosa può fare e cosa non può fare il diretto interessato nel caso riceva questi divieti?
Si tratta di circostanze che si verificano con una certa frequenza.
Dati alla mano, il mio studio si trova ogni anno ad esaminare molte situazioni di questo tipo.
Tra i vari casi, particolare ed istruttivo mi sembra quello ultimamente trattato e risolto in senso favorevole dal Tar Brescia, con la sentenza n. 252 del 19 marzo 2019.
Qui accade che i Carabinieri rilevano presso l'abitazione della persona interessata la presenza di n. 49 cartucce cal. 22 Lo. Ri. marca CC. e di n. 56 cartucce cal. 22 Lo. Ri. marca Wi. non denunciate, delle quali viene disposto il sequestro.
Per capire se ciò che è stato fatto è corretto e, soprattutto, coerente con il sistema di regole in materia di armi, va premesso il contesto normativo di riferimento, rappresentato dagli articoli 11, 39 e 43 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza.
L'art. 11 dispone che "Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate:
1) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;
2) a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.
Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta.
Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione".
L'art. 39 dispone che "Il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne".
L'art. 43 dispone che "oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi:
- a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;
- b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;
- c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.
La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi".
Che cosa emerge da questo quadro normativo?
Ebbene, emerge che il Legislatore ha individuato:
- i casi in cui l'Autorità amministrativa è titolare di poteri strettamente vincolati (ai sensi dell'art. 11, primo comma e terzo comma, prima parte, e dell'art. 43, primo comma, che impongono il divieto di rilascio di autorizzazioni di polizia ovvero il loro ritiro)
- e quelli in cui, invece, è titolare di poteri discrezionali (ai sensi dell'art. 11, secondo comma e terzo comma, seconda parte, e dell'art. 39 e 43, secondo comma).
In relazione all'esercizio dei relativi poteri discrezionali, l'art. 39 attribuisce alla Prefettura il potere di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti a chi chieda il rilascio di una autorizzazione di polizia o ne sia titolare, quando sia riscontrabile una capacità "di abusarne", mentre l'art. 43 consente alla competente autorità - in sede di rilascio o di ritiro dei titoli abilitativi - di valutare non solo tale capacità di abuso, ma anche (in alternativa) l'assenza di una buona condotta, per la commissione di fatti, pure se estranei alla gestione delle armi, munizioni e materie esplodenti, ma che comunque non rendano meritevoli di ottenere o di mantenere la licenza di polizia.
Ora il Tar, dovendo risolvere la questione sottoposta, ha ritenuto i due provvedimenti di divieto viziati per carenza istruttoria e per mancanza di motivazione.
Si fa interessante, allora, andare a vedere la logica dell’importante decisione.
I due divieti si fondano sull'unico rilievo rappresentato dal deferimento del ricorrente all'A.G. per il reato di detenzione abusiva di armi e munizioni.
A parere del Tar, l’elemento imponeva però una valutazione in termini di concreta idoneità dell'interessato ad abusare del titolo stesso, secondo quanto disposto dalle norme prima segnalate.
L'Autorità, invece, ha omesso di acquisire e valutare gli elementi di fatto.
Ora, il potere di vietare la detenzione di armi a chi chieda il rilascio di una autorizzazione di polizia o ne sia titolare, esige una ricognizione in ordine alla eventuale capacità di abusarne, laddove l'art. 43 consente alla competente Autorità (in sede di rilascio o di ritiro dei titoli abilitativi) di valutare non solo tale capacità di abuso, ma anche - in alternativa - l'assenza di una buona condotta, per la commissione di fatti, pure se estranei alla gestione delle armi, ma che comunque non rendano meritevoli di ottenere o di mantenere la licenza di polizia.
Ebbene, nel caso trattato con la sentenza 252 questo scrutinio sulla persona, anche a carattere prognostico è mancato.
Il ricorso della persona interessata viene dunque accolto.
Un consiglio
La materia del diritto amministrativo delle armi richiede un supporto legale specialistico.
Si consiglia pertanto di affidarsi esclusivamente a legali che hanno comprovata familiarità con le questioni sottese ai dinieghi.
L’Avv. Francesco Pandolfi vanta una pluriennale esperienza in questo particolare e delicato ramo del diritto.
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