A seguito di una perquisizione in casa di una persona, i Carabinieri trovano 20 cartucce a palla cal. 12 (a prima vista -da quanto sembra- illegalmente detenute).
Subito dopo, all'interno di un’autovettura parcheggiata nell’area cortilizia della casa trovano anche una mazza da baseball, un pugnale e un manganello detraibile.
Successivamente, il Prefetto emette un divieto di detenzione armi.
Ebbene, pensando a tutte quelle persone che possono trovarsi in una situazione di questo tipo, cosa è consigliabile fare?
Bisogna pensare ad un ricorso?
In caso affermativo, su che cosa puntare scrivendo i motivi di ricorso?
Cerchiamo di capirlo insieme sfruttando, in sintesi, i passaggi più importanti di una recente sentenza del Tar Napoli, la n. 1347 dell’08 marzo 2019.
Passaggi che aiutano a cogliere la nozione di pericolo di abuso di un’arma e di affidabilità di una persona.
Gli oggetti rinvenuti nell’auto
Abbiamo immaginato un divieto di detenzione armi, munizioni e materie esplodenti: per l’amministrazione è venuta meno l’affidabilità dell’interessato, visti gli accertamenti istruttori nel corso dei quali è emerso quanto detto sopra e, cioè:
durante la perquisizione presso l’abitazione, c’è stato il rinvenimento di 20 cartucce a palla cal. 12;
all'interno dell'autovettura viene trovata una mazza da baseball e un pugnale.
Il primo pensiero, in una circostanza analoga, va al ricorso amministrativo.
La cosa da fare di fronte ad una situazione come questa è dunque muoversi con un ricorso, nominando un avvocato: cosa che effettivamente fa la persona interessata chiedendo l'annullamento del decreto che dispone il divieto.
La lamentela che rappresenta ai giudici riguarda, in pratica, l'omessa spiegazione di quale possa essere stato il reale pericolo di abuso di armi notato: ricordiamo che il provvedimento è fondato sulla (supposta) illegale detenzione di n. 20 cartucce a palla calibro 12 e sull'apparente ingiustificata presenza in auto di una mazza da baseball, di un pugnale e di un manganello detraibile.
Fatti questi che, pare, siano all’origine del venir meno dell'affidabilità necessaria al possessore di armi.
Diciamo subito che il ricorso viene accolto.
Vediamo perché.
Per cogliere il senso della decisione bisogna fare un attimo attenzione su alcuni passaggi della vicenda processuale presa come punto di riferimento.
Dalle note della Questura emerge che il ricorrente ha presentato all'Ufficio competente una dichiarazione di acquisto di un fucile marca Fxxx calibro 12 matricola 1xxxxx e di nr. 20 cartucce a palla cal.12, insieme ad una dichiarazione di cessione a firma del fratello delle armi e munizioni.
Nell’occasione, l'operatore addetto allo sportello e alla ricezione degli atti ha trattenuto le dichiarazioni per protocollarle e registrarle.
Accade, però, che al momento in cui il ricorrente va a reclamarle perché gli servono per mostrarle ai Carabinieri operanti la perquisizione domiciliare (e, quindi, che hanno contestato il possesso delle cartucce), queste pare siano state smarrite durante il trasloco ad altro Ufficio.
Attenzione: l’operatore addetto, per regolarizzare la posizione dell'istante fa ripetere le denunce con la data dell'iniziale denuncia.
L’episodio risulta sia stato riportato al Comando Stazione dei Carabinieri, insieme alla relazione di servizio del giorno precedente.
La conseguenza diretta di questa particolare circostanza, allora, è che nessun addebito poteva e può essere mosso al ricorrente in quella causa, visti i disguidi interni al preposto Ufficio della locale Questura, presso il quale si è diligentemente recato più volte.
In pratica: quella che inizialmente era stata posta come illegale detenzione delle 20 cartucce si è rivelata insussistente, non potendo costituire dunque –alla luce di quanto accaduto- valido presupposto per una valutazione di complessiva inaffidabilità della persona.
Gli oggetti rinvenuti nell’auto
Abbiamo detto, all’inizio, del rinvenimento di altri oggetti.
Per questi ulteriori oggetti segnalati nel provvedimento prefettizio, possiamo dire che la norma di riferimento non stabilisce un divieto, salvo autorizzazioni, al possesso in sé, quanto piuttosto alla presenza degli strumenti c.d. di offesa fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa.
Ora, sempre per restare agganciati al caso preso in prestito per il commento, gli strumenti sono rinvenuti all'interno dell'autovettura del ricorrente, ferma e parcheggiata all'interno dell'area cortilizia di casa: dunque tecnicamente non fuori di essa, sempre per restare aderenti all'accezione fornita dalla norma che intende toccare anche le aree pertinenziali.
Tra l’altro, come documentato dalla persona interessata nel suo ricorso, questi oggetti rappresentano il corredo tipico di alcune arti marziali e di difesa personale da lui praticate anche quale istruttore, cosicché il relativo possesso è da considerarsi giustificato, visto che vengono normalmente utilizzati durante i corsi delle predette discipline o durante le manifestazioni sportive.
Come si può notare dai numerosi post e commenti presenti sul portale MiaConsulenza.it in diritto amministrativo delle armi, la materia è delicata e specialistica.
Per questo il consiglio che si può dare rimane sempre quello di evitare, per quanto è possibile, il “fai da te”.
Chiedere, quindi, una consulenza legale iniziale per orientarsi sul percorso più opportuno, per poi avviare concretamente l’azione legale in presenza, ovviamente, dei necessari presupposti.
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