Il Ministero dell’Interno, nel valutare l’affidabilità di una persona per il possesso di armi, deve tenere conto di tutti gli elementi attuali della personalità dell'interessato alla licenza di polizia.
Questo significa che la preclusione prevista dall'art 43 T.U.L.P.S. per il possesso di armi e munizioni, in capo ai soggetti che abbiano subito le condanne previste dalla norma non è più automatica, se tutti gli altri elementi attuali della personalità dell'interessato depongono per la presenza attuale delle condizioni di affidabilità.
L’orientamento attuale più favorevole
I risvolti pratici della modifica normativa
Le correnti di pensiero
Si tratta di un criterio destinato a scardinare il precedente e ben più severo orientamento, basato invece sull’automatico effetto preclusivo dei reati previsti dall’art. 43 T.U.L.P.S. (es: il furto).
Il più favorevole orientamento è oggi confermato dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2097 del 29.03.2019 (quel caso riguarda un Questore che nega il rinnovo del porto di fucile ad uso caccia richiesto dall’interessato: il ricorrente in primo grado era stato condannato alla pena di anni uno di reclusione, nonché alla multa di euro 51,65 ai sensi degli artt. 56, 81, 110 e 624 c.p., per il reato di furto tentato continuato in concorso, commesso il 1978).
L’orientamento attuale più favorevole
La materia è assai delicata e, a livello di sentenze, appare oggi divisa esattamente in due tronconi.
Il filone più vecchio, rigido e severo, vuole che quei reati siano sempre e automaticamente ostativi per la licenza di polizia.
L’altro più giovane, ormai emerso definitivamente, richiede invece una valutazione ragionevole da parte dell’amministrazione, in pratica basata sull’analisi di tutti gli attuali elementi della personalità, proprio per capire fino in fondo se chi chiede la licenza sia meritevole.
Questo più giovane e convincente indirizzo interpretativo ha trovato anche la conferma del legislatore, attraverso l'eliminazione dell'originario carattere automaticamente ostativo (al rilascio della licenza di porto d'armi) delle condanne per i reati indicati dall'art. 43 comma 1 T.U.L.P.S., laddove sia intervenuta la riabilitazione (cfr. art. 43, comma 2, TULPS, come modificato dall'art. 3, comma 1, lett. e), d. lvo n. 104 del 10 agosto 2018, nel senso che "la licenza può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione....").
I risvolti pratici della modifica normativa
Sebbene la norma, così modificata, trovi applicazione a decorrere dal 14 settembre 2018 ai sensi di quanto disposto dall'art. 14, comma 1, del medesimo d. lvo n. 104/2018, da essa possono ugualmente ricavarsi spunti per una corretta interpretazione della disposizione previgente.
Il legislatore, con questa intelligente modifica, ha adattato in sostanza la disciplina a criteri di equilibrata ragionevolezza.
In pratica ha attribuito all'Amministrazione, quando la valenza negativa dei reati tassativamente elencati sia bilanciata dalla buona condotta successiva del condannato, il potere di valutare attentamente e in concreto la sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento di diniego, alla luce di un giudizio di affidabilità dell'interessato in relazione all'uso delle armi, che muova sì dalla condanna, ma abbracci l'intero spettro di elementi, anche sopravvenuti, suscettibili di valutazione al suddetto fine.
Ad esempio:
- la concreta entità del fatto criminoso,
- il lasso temporale trascorso dopo la condanna,
- la condotta successivamente tenuta dall'interessato, sia sotto un profilo generale che in relazione all'uso delle armi,
- l’apprezzamento del fatto che l'Amministrazione, dopo la condanna, abbia comunque proceduto al rinnovo del titolo di polizia.
Il risvolto pratico di tutto questo è il seguente.
L’eventuale diniego amministrativo non può essere una passiva applicazione della norma nella sua versione precedente, laddove attribuiva rilievo automaticamente ostativo alle condanne di cui all'art. 43 comma 1 T.U.L.P.S.
La prova del nuovo e più convincente orientamento è proprio la sentenza 2097, favorevole alla parte privata e sfavorevole per il Ministero appellante.
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