Riferire all’Autorità episodi di aggressioni verbali, percosse e minacce di morte da parte del coniuge non basta per far scattare in automatico la revoca della licenza di porto di fucile e il divieto di detenzione armi, munizioni e materie esplodenti: bisogna sempre verificare i fatti.
Armi maltrattamenti in famiglia e denuncia
Cosa deve fare il Ministero dell’Interno
Armi maltrattamenti in famiglia e denuncia
Può capitare che marito e moglie arrivino a discutere e litigare, magari anche in presenza dei figli.
Si tratta di circostanze entro certi limiti tollerabili, a patto ovviamente che non debordino verso una reale violenza o atteggiamenti poco consoni e scarsamente protettivi per la famiglia.
I casi possono essere tanti e diversi: ad esempio, spesso vengono presentate denunce per maltrattamenti in famiglia, o per fattispecie similari.
In altre situazioni vengono denunciate liti e scontri verbali all’interno delle mura domestiche, oppure situazioni dove uno dei coniugi spiega di essere stato aggredito dall’altro e di essersi solo difeso.
Poi, vi sono tante altre situazioni dove le denunce presentate ai Carabinieri o direttamente in Procura vengono successivamente archiviate per infondatezza della notizia di reato.
Cosa deve fare il Ministero dell’Interno
Ebbene, ciò che va detto è che seppure in materia di revoca del porto d’armi e di divieto di detenzione delle stesse l’Amministrazione goda di ampia discrezionalità, ciò nondimeno tale discrezionalità non può essere esercitata in modo del tutto arbitrario e astratto, cioè salvaguardando senza alcuna valutazione in concreto il mero timore di possibili eventi delittuosi, senza calarsi nell’analisi dei fatti concreti e dei loro sviluppi e, quindi, della concreta sintomaticità che essi esprimono in ordine a un possibile reale abuso delle armi.
In sostanza, il Ministero dell’Interno deve considerare se gli episodi contestati hanno o meno manifestato un’inclinazione della persona all’uso della violenza e delle armi come strumento di offesa.
Per esempio, l’archiviazione dei procedimenti penali nei confronti di questa persona è certamente un parametro favorevole da tenere in debito conto.
Inoltre, come altro esempio, deve valutare l’eventuale circostanza che i due conviventi magari vivono in appartamenti separati e, quindi, non vi è più neanche quella situazione di forte conflittualità in ambito familiare.
Insomma, la Questura e la Prefettura, quando pensano di revocare la licenza, ad esempio di porto di fucile ad uso caccia e, poi, di emettere il divieto di detenzione armi, prima devono compiere l’insieme completo di valutazioni sopra indicate.
Se non lo fanno, i relativi decreti diventano senz’altro impugnabili davanti ai giudici amministrativi.
Lo dicono le tante sentenze di primo e secondo grado a nostra disposizione, ma anche semplicemente di primo grado non appellate.
Ad esempio, la giurisprudenza del Tar Pescara del 2017 – 201 annovera belle e chiare pronunce su questo solco interpretativo.
Una tra queste è la sentenza n. 313/2017 pubblicata in data 14.11.2017.
Ma se ne possono citare a decine.
Se anche tu ti trovi o ti sei trovato in una situazione come quella descritta, chiamami per una consulenza.
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