Procedura prevista dalla Legge nel caso in cui il giudice condanni il Ministero dell’Interno ad eseguire una sentenza favorevole alla parte privata e l’amministrazione, invece, non esegue.
Non c’è da stupirsi se, nel nostro Paese, la culla del diritto, ancora accadono queste cose, ossia: chi perde la causa lasci ineseguita la sentenza passata in giudicato.
Non bisogna stupirsi in quanto l’amministrazione, in definitiva, non dico che è legittimata a farlo, ma sa che in qualche modo lo può fare: vero è che dopo arriverà una sanzione a suo carico per il ritardo ingiustamente procurato alla parte vittoriosa, ma intanto il tempo sarà passato, anzi, sarà passato più tempo di quello previsto e tollerabile per dare esecuzione al giudicato.
Teoricamente ci sono tanti motivi per ritardare l’esecuzione di una sentenza: motivi economici, motivi organizzativi, deficit organizzativi e di personale, semplici dimenticanze, motivi strumentali e tattico difensivi.
Ora, se si arriva a questo punto, cosa fare?
Ebbene: bisogna tornare di nuovo dal giudice e chiedere l’ottemperanza alla sentenza: il tribunale ordinerà l’esecuzione della pronuncia nominando un commissario ad acta, stabilendo anche una penalità economica a carico della parte che non ha eseguito quanto doveva prontamente eseguire, sanzione che di solito viene stabilita in un tot al giorno per ciascun giorno di ulteriore ritardo dell’esecuzione.
Comunque, penso che in un Paese normale probabilmente l’ottemperanza non dovrebbe neppure esistere, in quanto la sentenza passata in giudicato, bella o brutta che sia, si esegue punto e basta.
Ma tant’è: in Italia accade questo ed altro e le aule dei tribunali più di qualche volta vengono occupate da questi fascicoli.
Ad esempio, l’ultima in materia di armi e di ottemperanza di una sentenza favorevole al ricorrente, e rimasta diciamo così dimenticata dal Ministero, è la n. 2066/2020 del Tar Palermo Sezione Prima, pubblicata in data 12.10.2020.
In questo caso, la sentenza che era finita nel dimenticatoio è la n. 1184/19 sempre del Tar Palermo, pubblicata in data 30.04.2019: qui era stato accolto il ricorso sul decreto con il quale il Ministero dell’Interno aveva respinto il ricorso gerarchico per l’annullamento di un divieto di detenzione armi.
La sentenza era stata regolarmente spedita per la notificazione, ma evidentemente il Ministero era rimasto a lungo in silenzio, senza attivarsi e soprattutto senza dare spiegazioni sul perché dell’inerzia.
Presentato dunque l’ulteriore ricorso è scattata pertanto l’ottemperanza e la nomina di un commissario ad acta, con la previsione di una penale per ciascun giorno di ulteriore ritardo per la messa in atto degli adempimenti esecutivi ad onere del Ministero dell’Interno.
Nel caso specifico di Palermo va detto che giustamente l’amministrazione è stata anche condannata alle spese di lite e della specifica fase dell’ottemperanza; personalmente, però, aggiungo che in casi del genere la condanna alle spese dovrebbe essere esemplare e di entità tale da restare scolpita per sempre nella memoria delle parti e della Collettività intera, così da fungere da vero monito per la futura condotta amministrativa, scoraggiando gli atteggiamenti dilatori che in definitiva finiscono solo per aggravare il già esistente danno da ritardo.
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