La presenza di una querela, utilizzata dalla Prefettura per il divieto di detenzione armi, impone all’ufficio di accertare il contenuto della stessa: non basta prendere atto che c’è senza approfondirne il contenuto.
Divieto detenzione armi e querela
Divieto detenzione armi e querela
Sembra un’affermazione scontata e banale ma, in realtà, non lo è.
Molte volte, infatti, nella casistica giudiziale si assiste a situazioni dove c’è l’emanazione di un divieto detenzione armi da parte del Ministero dell’Interno senza che, però, l’ufficio preposto avvia svolto alcuna ricerca sulla veridicità, o meno, del contenuto della querela sporta contro la persona destinataria del divieto.
Chiaro è che, così facendo, l’amministrazione finisce per dare alla luce un atto imperfetto, dal momento che omette quell’istruttoria necessaria utile a comprendere a fondo l’accaduto posto a base del divieto.
In effetti: se c’è una querela, ciò non significa che quanto riportato nella stessa sia, in automatico, per forza vero o attendibile.
Ultimamente, ad occuparsi della questione è stata la Quinta Sezione del Tar della Campania, con la sentenza n. 4493/2020 pubblicata in data 13.10.2020.
Una sentenza chiara e lineare, che porta la firma della Presidente Maria Abbruzzese.
Vediamo, dunque, un po’ più da vicino la fattispecie esaminata e risolta favorevolmente per la parte privata.
L’interessato impugna il divieto di detenere armi munizioni e materiale esplodente.
Assume di essere imprenditore edile di professione e di essere stato più volte vittima di tentativi di estorsione, regolarmente denunciati, e di non avere riportato alcuna condanna, né di essere mai stato sorpreso in compagnia di soggetti pregiudicati in occasione dei controlli di polizia.
Peraltro i Carabinieri, sul presupposto che il ricorrente è stato querelato come responsabile di una aggressione fisica, nella quale la parte offesa avrebbe riportato lesioni e ritenendo, pertanto, che lo stesso, ai sensi dell’art. 39 TULPS, non mantenga i requisiti di affidabilità richiesti per la detenzione delle armi, procedono al ritiro cautelativo delle armi.
Rispetto ad una querela subita il ricorrente presenta una controquerela per il reato di calunnia, nonché una memoria difensiva chiedendo la revoca del ritiro cautelativo.
Il ricorso viene ritenuto meritevole di accoglimento rispetto alla violazione del contraddittorio per mancata comunicazione di avvio del procedimento, vizio questo che, avuto riguardo al carattere discrezionale del provvedimento e alla necessità di accertare quanto meno la verosimiglianza dei fatti descritti nella querela che ha portato all’adozione del provvedimento medesimo, è in grado di incidere anche sulla correttezza dell’istruttoria e della motivazione.
Dice il Tribunale: il giudizio prognostico deve essere effettuato sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto, al fine di verificare il potenziale pericolo rappresentato dalla possibilità di utilizzo delle armi possedute e deve estrinsecarsi in una congrua motivazione.
Pertanto, pensando al fatto che a fondamento del decreto si è posta la sola querela sporta nei confronti del ricorrente, rispetto alla quale peraltro lo stesso ha presentato controquerela per il reato di calunnia, si sarebbe imposto un approfondimento istruttorio, laddove per contro la mancata comunicazione di avvio del procedimento ha impedito al ricorrente di offrire il proprio contributo in sede procedimentale e si è risolta in un difetto di istruttoria e di motivazione.
In aggiunta, precisa il Tar, al limite le esigenze cautelative possono essere soddisfatte con il ritiro cautelativo delle armi, ferma rimanendo però la necessità di comunicazione di avvio del procedimento prima dell’adozione del provvedimento definitivo.
Chi riceve la notifica di un divieto detenzione armi, deve sempre tenere a mente che prima di questo provvedimento deve ricevere la comunicazione di avvio del procedimento, in modo che il suo diritto di difesa viene salvaguardato.
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