La presenza di una querela, utilizzata dalla Prefettura per il divieto di detenzione armi o per altri provvedimenti, impone all’ufficio di accertare il contenuto della stessa.
Divieto detenzione armi e querela
Tar Catania sezione 4, sentenza 2676/20
Divieto detenzione armi e querela
Nella casistica giudiziale si assiste più di qualche volta a situazioni dove c’è l’emanazione di un divieto detenzione armi da parte del Ministero dell’Interno senza che, però, l’ufficio preposto avvia svolto alcuna ricerca sulla veridicità, o meno, del contenuto della querela sporta contro la persona destinataria del divieto.
Così facendo, l’amministrazione finisce per dare alla luce un atto imperfetto, dal momento che omette quell’istruttoria necessaria utile a comprendere a fondo l’accaduto posto a base del divieto.
In effetti: se c’è una querela, ciò non significa che quanto riportato nella stessa sia, in automatico, per forza vero o attendibile.
Tar Catania sezione 4, sentenza 2676/20
Ultimamente, ad occuparsi della questione è stata la Quarta Sezione del Tar per la Sicilia sez. staccata di Catania, con la sentenza n. 2676/2020 pubblicata in data 20.10.2020.
Vediamo, dunque, un po’ più da vicino la fattispecie esaminata e risolta favorevolmente per il ricorrente.
A seguito di un procedimento penale nato da una querela, veniva revocata da parte dell’Amministrazione di P.S. la licenza di porto di pistola, la licenza per esercitare l’attività di Direttore/Istruttore di Tiro e veniva disposto il divieto di detenere armi e munizioni.
Il Gip disponeva l’archiviazione del procedimento a carico, atteso che le affermazioni del querelante non avevano avuto alcun riscontro probatorio; dall’altra parte veniva disposto il rinvio a giudizio dell’altra persona per il reato di calunnia, in relazione all’esposto querela presentato contro l’antagonista.
A seguito dell'archiviazione del procedimento penale a proprio carico, l’interessato chiedeva l’annullamento in autotutela dei provvedimenti amministrativi a suo carico, senza però ottenerlo.
Presentava, quindi, il ricorso alla magistratura.
Il ricorso viene ritenuto meritevole di accoglimento.
Il succo della decisione è il seguente.
La giurisprudenza prevalente in materia, se, da un lato, riconosce, ai sensi degli artt. 11, 39 e 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, rispettivamente al Prefetto e al Questore, la facoltà di valutare la piena e assoluta affidabilità con ampia discrezionalità, dall’altro impone che tale potere venga esercitato nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell'adeguata istruttoria espletata al fine di evidenziare circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi.
La conseguenza è che il pericolo di abuso delle armi non solo deve essere provato, ma richiede una adeguata valutazione non del singolo episodio ma anche della personalità del soggetto sospettato che possa giustificare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità.
Dunque il giudizio prognostico deve essere effettuato sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto, al fine di verificare il potenziale pericolo rappresentato dalla possibilità di utilizzo delle armi possedute.
Pertanto, pensando al fatto che a fondamento del decreto si è posta la sola querela sporta nei confronti del ricorrente, si sarebbe imposto un approfondimento istruttorio che, appunto, non c’è stato.
Chi riceve la notifica di un divieto detenzione armi, deve verificare sempre che il provvedimento sia adeguatamente motivato. Se dovesse mancare in tutto o in parte questa motivazione, potrà essere presentato il ricorso al Tar.
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