Criterio per risolvere il caso in cui l’Amministrazione sospetta che i familiari coinvolti in procedimenti penali compromettano l’affidabilità del titolare della licenza.
Ormai è noto che il rilascio del porto d’armi è niente altro che un’eccezione ad un divieto stabilito per legge, eccezione per altro circondata da particolari cautele, dove la pubblica amministrazione rimane titolare di un potere discrezionale, in quanto tenuta a valutare le condizioni soggettive che sorreggono il porto di armi con le esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Ovviamente si deve sempre trattare di valutazioni, per così dire, logiche e coerenti, basate su fatti oggettivi.
Ne deriva che su questo tipo di valutazione, nel momento in cui viene interessato un giudice amministrativo, egli è titolare di un sindacato sul vizio di eccesso di potere limitato al giudizio di congruità e logicità della motivazione.
Sulle licenze di polizia, le sentenze hanno chiarito che le valutazioni dell'amministrazione in materia di rilascio della licenza di porto d'armi sono discrezionali.
In pratica: l’eventuale divieto di detenere armi e munizioni, o il mancato rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia, non sono sanzioni nei confronti del destinatario ma cautele per la sicurezza pubblica, in quanto si tratta di provvedimenti che hanno lo scopo di evitare il pericolo per tale bene giuridico, pericolo che potrebbe scaturire dalla possibile disponibilità di armi in capo ad un soggetto che non possa garantirne il corretto uso e tale può essere considerato anche chi, pur esente da mende o da indizi negativi, non può anche assicurare che non vi sia pericolo che abusi possano derivare da parte di particolari soggetti con cui ha relazioni familiari o personali.
Insomma, quando si presenta un ricorso in questa materia, i giudici vanno a verificare se esiste un’eventuale caso di provvedimento amministrativo illogico o incongruente.
Viste queste premesse, quando la motivazione di un provvedimento di diniego si basa sostanzialmente su dubbi rapporti parentali con soggetti pericolosi, ebbene in questi casi la possibilità di abuso deve essere descritta e indicata in modo dettagliato da parte della pubblica amministrazione, la quale deve mettere bene in chiaro, nero su bianco, quali possano essere quei rapporti tra le parti che reputa idonei a determinare una possibilità di abuso delle armi stesse.
Dunque, il criterio orientativo per risolvere la delicata questione è questo: è necessario da parte dell’amministrazione un giudizio preliminare diretto a verificare l’abuso delle armi o, quantomeno, se prospetta una possibilità di abuso delle stesse da parte del titolare o di altre persone in famiglia.
Se nel diniego amministrativo dovesse mancare questa valutazione, allora il provvedimento negativo della Questura o della Prefettura potrà essere portato davanti un Giudice.
Per chiudere: le sentenze in materia sono molte, qui segnalo la sentenza n. 1080 del 19.06.2014 emessa dal Tar Calabria Sezione Prima, non appellata, che può ben rappresentare uno dei tanti esempi in cui i magistrati hanno visto bene la questione loro sottoposta, accogliendo il ricorso della parte privata.
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