Luogo di detenzione di un fucile; ipotesi di omessa comunicazione all’Autorità di P.S. del trasferimento dell’arma da un’abitazione ad altra residenza.
Casi curiosi ne capitano: questo è uno di quelli.
Con un ricorso l’interessato, già titolare della licenza di porto di fucile per uso sportivo, contesta la legittimità del decreto emesso dal Prefetto di divieto di detenere armi, munizioni e materiali esplodenti, nonché del successivo decreto emesso dalla Questura recante la revoca della licenza di porto di fucile per uso sportivo in suo possesso.
Stiamo parlando della causa amministrativa conclusa dalla Sezione Quinta del Tar Napoli con la sentenza n. 4967/2020, pubblicata il 02.11.2020.
La persona interessata fa presente al giudice che l’amministrazione ha chiaramente travisato i fatti ed ha svolto un’istruttoria assai carente, per non dire francamente approssimativa.
In pratica, in punto di fatto: a seguito di un controllo presso la propria abitazione di residenza, erroneamente i Carabinieri gli contestano di avere omesso di comunicare all’Autorità di P.S. il trasferimento di un fucile (di proprietà del padre), dall’abitazione di questi (luogo rispetto al quale era intervenuta la dichiarazione di detenzione) alla sua residenza, mentre in realtà il fucile in questione non sarebbe mai stato spostato dall’originario luogo di detenzione.
Infatti, secondo la ricostruzione della persona interessata, sembra che l’equivoco derivi dal fatto che, a seguito della variazione della toponomastica del Comune in questione, il nome originario della via sia stato semplicemente cambiato con altro nome.
In corso di causa, effettivamente emerge dalla documentazione che la contestazione elevata nei confronti del ricorrente è esclusiva conseguenza della nuova toponimia, in modo che non è certamente cambiato il luogo fisico ma il solo nome della via.
Per altro, il Tribunale del Riesame ha disposto pure l’annullamento del decreto di sequestro dell’arma in questione, per mancanza del fumus del reato ipotizzato, anche ordinando al Commissariato di provvedere alla restituzione all’avente diritto.
In buona sostanza, i provvedimenti impugnati con il ricorso risultano viziati per la carente e lacunosa istruttoria, oltreché per errore nel presupposto, cioè il presunto spostamento del luogo di custodia dell’arma.
In conclusione, il tribunale annulla i provvedimenti amministrativi e condanna il Ministero dell’Interno alle spese di lite.
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