Sabato, 13 Marzo 2021 16:01

Armi e falso sull’autodichiarazione covid

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Autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 DPR 445/2000. Dichiarazioni sotto la propria responsabilità. Art. 495 c.p. Sentenza del Tribunale di Reggio Emilia n. 54/2021.  

 

 

 

Sentenza 54/21

Cosa accade in amministrativo armi

Art. 495 c.p.

Rischi per il porto d’armi

Discrezionalità non indefinita

Consulenza

 

 

 

 

Sentenza 54/21

Fa discutere molto la recente sentenza n. 54/2021, per mezzo della quale la Sezione Gip – Gup del Tribunale di Reggio Emilia ha, in sintesi, affermato che non ha rilevanza penale la compilazione di una falsa autocertificazione e, per conseguenza, va dichiarato prosciolto perché il fatto non costituisce reato chi, un anno fa, violando il DPCM, è stato beccato dai Carabinieri con un’autocertificazione contenente informazioni false (in quel caso relative ad una necessità di visita in ospedale).

 

In sostanza, secondo il giudice penale si tratta di un falso innocuo.

 

Non c’è il falso ideologico in atto pubblico per effetto della trasgressione del DPCM istitutivo, di fatto, dell’obbligo della permanenza domiciliare, misura che in quanto tale può essere disposta solo dall’Autorità Giudiziaria, visto che si tratta di una limitazione della libertà personale.

 

A voler essere ancora più sintetici: in casi come quello citato, per il magistrato non ha rilevanza penale la compilazione di una falsa autocertificazione.

 

Bene, detta così può effettivamente sembrare come una notizia dirompente e sorprendentemente imprevista.

 

 

 

Cosa accade in amministrativo armi

Ma, chi appartiene al mondo armiero deve essere sempre prudente e spinto a valutare in dettaglio ogni circostanza, anche quelle apparentemente insignificanti.

Bene.

 

Volendo ora confrontare la previsione del giudice penale con quanto accade nel mondo del diritto amministrativo delle armi, dobbiamo chiederci se tutto questo può offrirci utili elementi da tenere in considerazione per non violare disposizioni normative che poi, di riflesso, possono ripercuotersi direttamente o anche solo indirettamente sulle licenze.

 

 

 

Art. 495 c.p.

Intanto, la prima considerazione che possiamo fare è che sull’attuale modello di autodichiarazione, da portarsi dietro o comunque da scrivere o esibire, presente tutt’ora sul sito istituzionale del Ministero dell’Interno, ancora compare l’avviso delle conseguenze penali in caso di dichiarazioni mendaci a pubblico ufficiale.

 

Cioè è ancora presente l’art. 495 codice penale Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri: 

 

chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l'identità, lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni.

La reclusione non è inferiore a due anni:

1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile;

2) se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa all'autorità giudiziaria da un imputato o da una persona sottoposta ad indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.

 

 

 

Rischi per il porto d’armi

La seconda considerazione è poi quella che ci spinge a capire (come era accaduto nei mesi precedenti) se la maldestra compilazione di questa scheda può mettere a rischio il porto d’armi, cioè se può essere idonea ad incidere negativamente sui requisiti voluti dall’Autorità di P.S. per il rilascio / mantenimento della licenza di porto d’armi.

 

Ebbene, a mio parere anche questa volta la risposta è .

 

Il motivo è questo.

Vuoi o non vuoi la commissione di un reato (qualunque reato, anche quelli che non c’entrano nulla con le armi) diventa inevitabilmente sempre un criterio di valutazione per il Ministero dell’Interno in sede di scrutinio dei requisiti per la licenza, dal momento che tanto l’eventuale dichiarazione falsa (ora scriminata, con presenza di sanzioni amministrative) quanto la più generale inosservanza dei provvedimenti possono indurre senz’altro a ritenere incrinata, anche se solo in minima parte, la buona condotta del soggetto portatore del titolo di polizia.

 

Certo: nel caso in cui dovesse verificarsi una situazione simile a quella decisa dal Tribunale penale con la sentenza 54, l’interessato potrebbe segnalare il precedente ed invocare analoga soluzione per lui.

 

Il problema è però che nel diritto amministrativo delle armi, a differenza di quanto accade nel diritto penale, vige una vasta discrezionalità del Ministero dell’Interno e delle sue articolazioni, Prefettura e Questura: discrezionalità che come è noto autorizza la PA a trarre rapide conclusioni e facili convincimenti da qualsiasi fatto o anche solo da indizi, addirittura in assenza di ipotesi di reato.

 

Come abbiamo già detto altre volte è da non trascurare il fatto che l’Amministrazione degli Interni disponga di un potere enorme in materia di porto d’armi, così grande da consentire a Questura e Prefettura di valutare qualsiasi comportamento incidente sull’uso delle armi e, infine, di ritenere che una determinata condotta rientri tra quelle pregiudizievoli per rilascio e/o mantenimento del titolo di polizia.

 

Lo ripetiamo: possono essere oggetto di valutazione anche condotte che non hanno per forza componenti penali, ma che denotano atteggiamenti o situazioni contrarie all’ordinato vivere civile o, per esempio, alle disposizioni emergenziali aggiornate momento per momento.

 

Quindi: per gli appartenenti al mondo armiero consiglio sempre prudenza ed attenzione per ciò che si scrive, si dichiara e si sottoscrive.

 

 

 

Discrezionalità non indefinita

Ovviamente, sul versante opposto, va poi detto che il Ministero dell’Interno non dispone di una discrezionalità indefinita, ma incontra un limite nella Legge e nei criteri giurisprudenziali che chiedono il rispetto dei criteri di ragionevolezza e di proporzionalità dei provvedimenti.

 

In sostanza: questi atti amministrativi non potranno mai essere arbitrari o viziati da eccesso di potere o, peggio, posti in essere con violazione di specifiche disposizioni di Legge.

 

Cosa che, se accadesse, esporrebbe immediatamente l’amministrazione ad un ricorso.

 

 

 

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Letto 3591 volte Ultima modifica il Sabato, 13 Marzo 2021 16:20
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

www.miaconsulenza.it

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