Il caso
Dodici querele presentate dalla donna nei confronti del marito, autore di violenze fisiche, maltrattamenti, aggressioni, minacce.
Nonostante gli allarmi continuamente innescati dalla vittima la Procura della Repubblica territoriale, sia pur ripetutamente investita delle querele descritte, non si attiva per indagare e, di fatto, non fa nulla per impedire o contribuire ad evitare l’omicidio della donna.
Almeno questo è quanto assume l’attore del giudizio dove si chiede il risarcimento del danno derivante dalla responsabilità dei Magistrati: secondo la trama di chi agisce in causa, costoro avrebbero omesso di sviluppare tutti gli opportuni atti di indagine idonei a neutralizzare la pericolosità sociale dell’uomo (manca in pratica l’interrogatorio dell’omicida, il sollecito agli organi competenti ad emettere un trattamento sanitario obbligatorio ex art. 73 c.p.p., il ricovero presso una casa di cura o ospedale psichiatrico quale misura di sicurezza personale ex art. 206 c.p., la richiesta della misura di sicurezza ex art. 219 comma 3 c.p.).
Perché matura l’intento omicida
Eppure dalle perizie delle cause penali l’uomo risulta sano di mente, con capacità intellettive nella media e personalità caratterizzata da difficoltà di contatto affettivo.
E’ stato l’odio nei confronti della moglie a far nascere l’istinto omicida, odio a sua volta proveniente da una lunga e dura battaglia legale per l’affidamento di tre figli, verso i quali il padre mostrava un forte attaccamento.
Odio, in definitiva, definitivamente manifestato nell’imminenza dell’affidamento dei figli alla madre.
Le omissioni dei Magistrati
A parte le prime denunce, accade che le querele dopo il 2007 mostrano come la donna tema per la sua incolumità; in particolare due di queste denunce evocano significativi e pericolosi episodi, cui però non fa seguito una presa di posizione ferma dell’Autorità, la quale omette di eseguire perquisizioni locali o personali per accertare la presenza di armi e omette di svolgere atti di indagine per bloccare la pericolosità dell’omicida.
Dalla lettura degli atti della causa impiantata davanti il Tribunale civile (Trib. Messina, sentenza 30.05.2017), risulta che il compimento di una perquisizione avrebbe permesso, con semplice calcolo probabilistico, di rinvenire il coltello denunciato dalla donna e al suo conseguente sequestro, potendosi ipotizzare il reato di porto abusivo di mezzi atti ad offendere al di fuori della propria abitazione senza giustificato motivo, oppure il reato ex art. 699 comma 2 c.p., norma applicabile all’ipotesi di porto di coltello a scatto trattandosi di arma bianca impropria, di cui è vietato il porto in modo assoluto, non essendo ammessa licenza da parte delle leggi di pubblica sicurezza.
Poiché la donna viene uccisa con un coltello a serramanico di cm 9,5 di forgia analoga a quello in esame, si può affermare con elevata probabilità che il rinvenimento del coltello e il sequestro dello stesso avrebbe evitato l’omicidio avvenuto il 3.10.2007.
Il risarcimento
La Presidenza del Consiglio dei Ministri risponde quindi, secondo la normativa applicabile ratione temporis, della responsabilità dei Magistrati per le omissioni descritte.
Parliamo di una grave responsabilità per omissioni di necessari atti di indagine.
In pratica
Il compito dello Stato non termina con l’elaborazione delle leggi atte a tutelare le persone, ma si estende alla protezione effettiva di ciascun membro della collettività.
In sostanza: quando un’Autorità rimane inerte nell’applicare le disposizioni di legge, di fatto vanifica gli strumenti di tutela predisposti da queste norme.
Di qui la risarcibilità in sede civile di questi particolari danni.
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