Domenica, 26 Novembre 2017 08:47

Evitare facile accesso all'arma da parte di terzi: esiste l'obbligo di dotarsi di dispositivi antifurto?

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  • Argomenti:   Armi - Contravvenzione ex art. 20 co 2 l. 110/1975 - Omissioni di cautele necessarie per la custodia di armi e esplosivi - Motivazione generica - Annullamento per nuovo esame.

 

Siamo in tema di custodia delle armi e, più precisamente, della situazione regolamentata dall’art. 20 Legge n. 110 del 1975.

Prima di addentrarci nel vivo della vicenda affrontata dalla Cassazione e risolta favorevolmente per il ricorrente (anche perché il Tribunale pecca nel non spiegare per bene la propria motivazione nella condanna), un rapido richiamo al contenuto di questa norma:

 

 

Articolo 20 Custodia delle armi e degli esplosivi

Denunzia di furto, smarrimento o rinvenimento. La custodia delle armi (…) deve essere assicurata con ogni diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica.

Chi esercita professionalmente attività in materia di armi o di esplosivi o è autorizzato alla raccolta o alla collezione di armi deve adottare e mantenere efficienti difese antifurto secondo le modalità prescritte dall'autorità di pubblica sicurezza.

Chiunque non osserva le prescrizioni di cui al precedente comma è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda fino a lire 1.000.000. (1)

Dello smarrimento o del furto di armi o di parti di esse o di esplosivi di qualunque natura deve essere fatta immediata denunzia all'ufficio locale di pubblica sicurezza o, se questo manchi, al più vicino comando dei carabinieri.

Il contravventore è punito con l'ammenda fino a lire 1.000.000. (1)

Chiunque rinvenga un'arma o parti di essa è tenuto ad effettuarne immediatamente il deposito presso l'ufficio locale di pubblica sicurezza o, in mancanza, presso il più vicino comando dei carabinieri che ne rilasciano apposita ricevuta.

Chiunque rinvenga esplosivi di qualunque natura o venga a conoscenza di depositi o di rinvenimenti di esplosivi è tenuto a darne immediata notizia all'ufficio locale di pubblica sicurezza o, in mancanza, al più vicino comando dei carabinieri.

Salva l'applicazione delle sanzioni previste dalle vigenti disposizioni in materia di detenzione e porto illegale di armi o di esplosivi di qualunque natura, il contravventore è punito con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda fino a lire 400.000”.

 

 

Dicevamo:

vicenda gestita in modo maldestro dal Tribunale e raddrizzata dalla Cassazione penale, con la sentenza n. 50445 del 6 novembre 2017.

Come mai la Suprema Corte da ragione alla parte interessata e bacchetta il Tribunale?

E’ presto detto.

 

 

Il ragionamento del primo Giudice: la doppietta nascosta sotto il materasso

Il Tribunale di Termini Imerese dichiara la parte colpevole della contravvenzione di cui alla L. n. 110 del 1975 articolo 20, comma 2 e lo condanna alla pena di 250 Euro di ammenda.

Pare che l'imputato ha trascurato di adoperare nella custodia del fucile doppietta calibro 12 matricola, che detiene legittimamente, le cautele necessarie per evitare che altre persone se ne impossessino agevolmente, nascondendolo sotto il materasso della camera da letto.

 

 

Diverso il ragionamento dell’interessato

Nel ricorso l’interessato lamenta la violazione della L. 110/75 art. 20.

La norma, lui dice, ha lo scopo di evitare un accesso agevole all'arma da parte di terzi: ma non c’è tuttavia l’obbligo di dotarsi di dispositivi antifurto.

Lo scopo sarebbe quello di evitare che con l'accesso da parte di terzi all'arma si creino situazioni di pericolo (qui non sussistenti, poiché il fucile è nascosto e non è carico).

 

 

Per la Cassazione il ricorso e' fondato

La L. 18 aprile 1975 n. 110 articolo 20 (omissioni di cautele necessarie per la custodia di armi e esplosivi) indica genericamente un dovere di massima diligenza, senza specificare, in concreto, il suo contenuto.

Compete, quindi, al giudice di merito stabilire se in rapporto alle situazioni concrete l'agente ha custodito l'arma con diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica.

Questo giudizio e' incensurabile in cassazione solo quando la motivazione è logica e congrua (Sez. 1, n. 24271 del 13/05/2004, Cedro, Rv. 228904).

  • Nel caso esaminato la motivazione è invece generica e senza riferimenti specifici al fatto contestato.

Al contrario, la motivazione ha la funzione di indicare le ragioni che l'autorità giudiziaria mette a fondamento della decisione.

Quando invece, all’opposto, il giudizio non consente di verificare a quali dati di fatto sia stato ancorato, oppure non si vedono le ragioni per le quali gli argomenti della difesa siano stati respinti, esso si risolve in una valutazione monca, priva dei requisiti minimi di riconoscibilita' del discorso giustificativo.

 

 

In pratica

La Legge (primo comma dell’articolo in commento) parla genericamente di un dovere di massima diligenza, senza specificare il suo contenuto.

Spetta quindi al giudice stabilire se in rapporto alle situazioni concrete l'agente ha custodito l'arma con diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica.

La sentenza viene annullata e si riparte con un nuovo giudizio in Tribunale.

 

 

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Letto 5672 volte Ultima modifica il Domenica, 26 Novembre 2017 08:54
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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