Venerdì, 20 Marzo 2020 17:26

Nesso tra riabilitazione penale e porto d’armi

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In tema di rinnovo della licenza di porto di fucile ad uso caccia ha una sua importanza il fatto che, rispetto ad una condanna molto vecchia, intervenga un provvedimento del giudice penale che concede alla persona interessata il beneficio della riabilitazione.

 

 

Indice

La sentenza 1814

La questione da esaminare

Due orientamenti

La soluzione interpretativa

 

 

 

La sentenza 1814

A confermare l’importante principio è la Terza Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1814/2020 del 27.02.2020 e pubblicata il 12.03.2020.

 

Vediamo, in estrema sintesi, i passaggi fondamentali di questa utile pronuncia.

 

 

 

La questione da esaminare

Dunque,

quella causa riguardava la legittimità o meno del provvedimento con cui il Questore aveva negato il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia, sul rilievo che l’interessato era stato condannato, con sentenza di alcuni decenni prima, per il reato di porto abusivo di armi ex art. 699 c.p.

 

All’attenzione del Collegio era stata posta l’interpretazione dell’art. 43 del TULPS e nello specifico se, in presenza di condanne per i reati ivi elencati, restasse o no in capo all’Amministrazione un potere discrezionale che consenta un’alternativa al diniego e alla revoca della licenza di porto d’armi, quando appunto sia intervenuta un’ordinanza di riabilitazione.

 

 

 

Due orientamenti

Nella sentenza di marzo il Collegio spiega che, sulla questione, esistono due orientamenti.

 

Il primo, più rigoroso, ritiene che le condanne alla reclusione riportate per i delitti di cui all’articolo 43, comma 1, del TULPS costituiscano causa automaticamente ostativa al rilascio o al rinnovo della licenza di porto d’armi, anche in caso di estinzione del reato e di riabilitazione.

 

Il secondo, basato su un’interpretazione costituzionalmente orientata, e che anche assai di recente è stato confermato, mette in luce le criticità di un’applicazione rigorosa dell’automatismo preclusivo di cui al primo comma dell’art. 43 del TULPS e sostiene che in alcuni casi peculiari il principio di ragionevolezza comporti che debba essere privilegiata un’interpretazione della norma conforme ai principi costituzionali.

 

Tradotto, questo significa che l’Amministrazione, nel compiere la propria complessiva valutazione sull’affidabilità nel possesso di armi, deve tenere conto anche della sussistenza di altri elementi, che denotano favorevolmente la personalità dell’interessato alla licenza di polizia con carattere di attualità (vedi anche buona condotta successiva a reato ostativo).

 

Pertanto, una condanna per furto comminata oltre 30 anni fa (nel caso all’esame, vecchia condanna per il reato di porto abusivo di armi ex art. 699 c.p.), cui non abbiano fatto seguito analoghi episodi, significativi di personalità poco affidabile o, comunque, poco integrata nell’ordinato contesto socio economico del luogo di abituale dimora, deve essere valutata unitamente agli altri elementi che nella attualità connotano la personalità del richiedente.

 

 

 

La soluzione interpretativa

Ebbene, in quel caso il primo giudice ha aderito a quest’ultimo orientamento, valorizzando il fatto che il caso concerne una condanna molto risalente e su cui è intervenuto un provvedimento del giudice penale che ha concesso al ricorrente il beneficio della riabilitazione (vedi anche detenzione armi e riabilitazione penale)

 

Questo indirizzo ha per altro trovato una recente conferma dal legislatore, mediante l’eliminazione dell’originario carattere automaticamente ostativo (al rilascio della licenza di porto d’armi) delle condanne per i reati tipologicamente indicati dall’art. 43, comma 1, TULPS, laddove sia intervenuta la riabilitazione (cfr. art. 43, comma 2, TULPS, come modificato dall’art. 3, comma 1, lett. e), d. lvo n. 104 del 10 agosto 2018, nel senso che “la licenza può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione….”).

 

Inoltre: sebbene la norma, così novellata, trovi applicazione a decorrere dal 14 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’art. 14, comma 1, del medesimo d. lvo n. 104/2018, da essa possono lo stesso ricavarsi utili spunti ai fini della corretta interpretazione della disposizione previgente.

 

In ultima analisi: il legislatore, con la modifica menzionata, ha voluto conformare la disciplina a criteri di equilibrata ragionevolezza attribuendo all’Amministrazione, laddove la valenza negativa dei reati sia bilanciata dalla buona condotta successiva del condannato, espressiva di un atteggiamento di ravvedimento che abbia messo capo al provvedimento di riabilitazione ex art. 178 c.p., il potere di valutare in concreto la sussistenza dei presupposti per l’adozione del provvedimento di diniego, alla luce di un giudizio di affidabilità attuale dell’interessato, in relazione all’uso delle armi, che muova sì dalla condanna, ma abbracci l’intero spettro di elementi, anche sopravvenuti, suscettibili di valutazione al suddetto fine (ovvero, esemplificativamente, la concreta entità del fatto criminoso, il lasso temporale trascorso dopo la condanna, la condotta successivamente tenuta dall’interessato, sia sotto un profilo generale che in relazione all’uso delle armi, tanto più laddove l’Amministrazione, dopo la condanna, abbia comunque proceduto al rinnovo del titolo di polizia - vedi anche condannato in eterno).

 

 

 

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Letto 3842 volte Ultima modifica il Venerdì, 20 Marzo 2020 17:37
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
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