Detenzione di armi e riabilitazione penale.
Porto d’armi ad uso sportivo e rinnovo licenza respinto; condanna per reato di lesioni personali.
La domanda è: la riabilitazione penale può in qualche modo giovare all’interessato in ordine all’accoglimento di un eventuale ricorso amministrativo?
La risposta è sì.
Vediamo perché e, soprattutto, alla luce di quale orientamento giurisprudenziale.
La materia è stata interessata da una varietà di letture diverse, date dalla giurisprudenza amministrativa di primo e secondo grado.
Ecco il resoconto, in estrema sintesi, di questo percorso.
Per tratteggiare le fasi dell’iter giurisprudenziale utilizziamo i preziosi spunti offerti dalla sentenza n. 219 dell’11.02.2019 del Tar Firenze.
Il primo orientamento.
Punto di partenza per il ragionamento è l'art. 43, comma primo, del r.d. n. 773/1931 che recita:
"Oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi:
a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;
b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;
c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi".
La questione concreta ricade, nel caso specifico, nell'ambito di applicazione del disposto di cui alla lett. a) della norma, poiché il ricorrente riporta una condanna alla reclusione per lesioni personali.
Come anticipato, la norma è stata oggetto di interpretazioni diverse, tese a superarne una lettura che imponga di negare in ogni caso, con effetto automatico, il rilascio del porto d'armi a chi risulti condannato per i reati citati.
Il primo orientamento era il seguente: una volta intervenuta la riabilitazione viene meno l'automatismo preclusivo della norma, salva restando la possibilità di un apprezzamento discrezionale da parte dell'Amministrazione che comprenda anche il fatto storico di reato, ma insieme ad ogni altro fatto utile a tal scopo come i pregressi rilasci o rinnovi del titolo, la condotta tenuta nel tempo dall'interessato e, in generale, ogni elemento utile a far luce sulla personalità dell'interessato medesimo, compresa la riabilitazione.
La condanna, in questo contesto, per quanto remota e superata dalla riabilitazione non perde la sua rilevanza in senso assoluto ma non ha un effetto preclusivo automatico e può, semmai, essere posta a base di una valutazione discrezionale, che deve tenere conto anche degli ulteriori elementi sopredescritti.
Secondo orientamento.
La prima interpretazione è stata superata dal parere del Consiglio di Stato, Sez. I, 11 luglio 2016 n. 1620, con il quale si è escluso che la riabilitazione elimini l'effetto preclusivo della condanna al rilascio del porto d'armi, poiché il divieto di concederlo non rientra tra gli effetti penali della condanna che la riabilitazione estingue.
Gli effetti della riabilitazione si esauriscono nell'ambito penalistico senza ridondare su altre conseguenze giuridiche delle condanne.
La sentenza del Consiglio di Stato Sez. III, 9 novembre 2016 n. 4660, traente origine dal diniego del rinnovo del porto d'armi a un soggetto riabilitato, riafferma il principio secondo cui la licenza di porto d'armi non può essere concessa (e quella già rilasciata va ritirata) nel caso di condanna per uno dei reati elencati all'art. 43, primo comma, T.U.L.P.S. anche se il richiedente ha ottenuto la riabilitazione.
Terzo orientamento.
Quest’ultima interpretazione giurisprudenziale della norma rilevante nel caso di specie è stata rivista alla luce della recente modifica, ad opera dell'art. 3 comma 1 lettera e) del d.lgs. n. 104 10.08.2018, del secondo comma dell'art. 43 del T.U.L.P.S., che attualmente recita: "La licenza può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione...", rimettendo dunque all'apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione l'ipotesi di condanna per reato ostativo cui sia seguita la riabilitazione.
In definitiva: lo stesso legislatore oggi ha riconosciuto come l'automatismo preclusivo previsto dalla norma non è giustificato quando, come nel caso di specie, il richiedente il porto d'armi abbia ottenuto la riabilitazione, la quale presuppone che il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta al fine di un giudizio prognostico sul suo futuro comportamento.
In pratica: il diniego di rinnovo della licenza di porto d'armi non può essere disposto richiamando semplicemente la natura ostativa della condanna, in quanto l'autorità di pubblica sicurezza deve valutare anche tutte le circostanze che hanno connotato la vicenda sottoposta al suo esame, compresa l'intervenuta riabilitazione.
Un eventuale ricorso in questa materia va dunque accolto.
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