Status del militare
Lo status dei militari è molto particolare ed esige il rispetto di codici rigidi di rettitudine e onestà, non questa non è una valida ragione per discriminare il personale militare rispetto agli impiegati civili dello Stato sotto il profilo delle garanzie procedimentali poste a presidio del diritto di difesa, nel momento in cui il militare stesso si trova ad affrontare una vicenda che tocca la sua carriera.
Si tratta di una regola di base che è strumentale al buon andamento dell'amministrazione militare. Non potrebbe essere altrimenti.
Il caso
Parliamo del caso di interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Corte Costituzionale, sentenza n. 268 del 15 dicembre 2016. Sono dichiarati costituzionalmente illegittimi - per violazione degli artt. 3, 24 e 97 Cost. - gli artt. 866, comma 1, 867, comma 3, e 923, comma 1, lett. i ), del d-lgs. n. 66/2010 nella parte in cui non prevedono l'instaurarsi del procedimento disciplinare per la cessazione dal servizio per perdita del grado conseguente alla pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici.
La questione è stata posta da un Tar in questi termini.
La norma ritenuta non coerente, disponendo la cessazione del rapporto di pubblico impiego dei militari interdetti temporaneamente dai pubblici uffici con sentenza di condanna penale definitiva, è irrazionale, in quanto collega automaticamente, senza possibilità di graduazione proporzionale della sanzione disciplinare al caso concreto, una conseguenza irreversibile ad una misura temporanea che di per sé non la implica necessariamente.
Le differenze tra tipi di interdizione
A differenza dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, l'interdizione temporanea è provvisoria, esclude a monte quella radicale incompatibilità con la prosecuzione del rapporto di impiego, che eccezionalmente può giustificare l'automatismo destitutorio non come sanzione disciplinare, ma come effetto indiretto della pena inflitta.
Si tratta quindi di accostamenti incoerenti; una norma che va rivista.
Differenze di trattamento tra militari e civili
Alla violazione del canone di ragionevolezza e proporzionalità si aggiunge quella del principio di uguaglianza, in quanto i militari vengono assoggettati ad un trattamento irragionevolmente deteriore - non giustificato dal loro peculiare status - rispetto ai dipendenti dello Stato e di altre amministrazioni pubbliche, sotto il profilo delle garanzie procedimentali poste a presidio del diritto di difesa e strumentali al buon andamento dell'amministrazione militare, con conseguente violazione anche degli artt. 3 e 24 Cost. (sent. n. 112 del 2014, che ha ritenuto non illegittima la previsione dell'automatica cessazione dal servizio del personale dell'amministrazione di pubblica sicurezza cui, in sede penale, sia stata applicata una misura di sicurezza personale).
In buona sostanza, la Corte Costituzionale dice che è illegittima l'automatica destituzione da un pubblico impiego a seguito di sentenza penale senza la mediazione del procedimento disciplinare,
in quanto la sanzione disciplinare va graduata, di regola, nell'ambito dell'autonomo procedimento, secondo criteri di proporzionalità e adeguatezza al caso concreto, e non può pertanto costituire l'effetto automatico e incondizionato di una condanna penale, neppure quando si tratti di rapporto di servizio del personale militare.
L'automatismo potrebbe essere giustificato solo eccezionalmente: quando la fattispecie penale abbia contenuto tale da essere radicalmente incompatibile con il rapporto di impiego o di servizio, come ad esempio quella sanzionata anche con la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, di cui all'art. 28 secondo comma c.p., o dell'estinzione del rapporto di impiego prevista, in casi tassativamente determinati, dall'art. 32- quinquies cod. pen.
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