Domenica, 10 Settembre 2017 07:15

Militari e disciplina: il diritto di difesa è inferiore a quello degli impiegati civili?

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No, non è inferiore

Status del militare

Lo status dei militari è molto particolare ed esige il rispetto di codici rigidi di rettitudine e onestà, non questa non è una valida ragione per discriminare il personale militare rispetto agli impiegati civili dello Stato sotto il profilo delle garanzie procedimentali poste a presidio del diritto di difesa, nel momento in cui il militare stesso si trova ad affrontare una vicenda che tocca la sua carriera.

Si tratta di una regola di base che è strumentale al buon andamento dell'amministrazione militare. Non potrebbe essere altrimenti. 

 

Il caso

Parliamo del caso di interdizione temporanea dai pubblici uffici.

Corte Costituzionale, sentenza n. 268 del 15 dicembre 2016.  Sono dichiarati costituzionalmente illegittimi - per violazione degli artt. 3, 24 e 97 Cost. - gli artt. 866, comma 1, 867, comma 3, e 923, comma 1, lett. i ), del d-lgs. n. 66/2010 nella parte in cui non prevedono l'instaurarsi del procedimento disciplinare per la cessazione dal servizio per perdita del grado conseguente alla pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici.

La questione è stata posta da un Tar in questi termini.

La norma ritenuta non coerente, disponendo la cessazione del rapporto di pubblico impiego dei militari interdetti temporaneamente dai pubblici uffici con sentenza di condanna penale definitiva, è irrazionale, in quanto collega automaticamente, senza possibilità di graduazione proporzionale della sanzione disciplinare al caso concreto, una conseguenza irreversibile ad una misura temporanea che di per sé non la implica necessariamente.

 

 

Le differenze tra tipi di interdizione

A differenza dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, l'interdizione temporanea è provvisoria, esclude a monte quella radicale incompatibilità con la prosecuzione del rapporto di impiego, che eccezionalmente può giustificare l'automatismo destitutorio non come sanzione disciplinare, ma come effetto indiretto della pena inflitta.

Si tratta quindi di accostamenti incoerenti; una norma che va rivista.

 

 

Differenze di trattamento tra militari e civili

Alla violazione del canone di ragionevolezza e proporzionalità si aggiunge quella del principio di uguaglianza, in quanto i militari vengono assoggettati ad un trattamento irragionevolmente deteriore - non giustificato dal loro peculiare status - rispetto ai dipendenti dello Stato e di altre amministrazioni pubbliche, sotto il profilo delle garanzie procedimentali poste a presidio del diritto di difesa e strumentali al buon andamento dell'amministrazione militare, con conseguente violazione anche degli artt. 3 e 24 Cost. (sent. n. 112 del 2014, che ha ritenuto non illegittima la previsione dell'automatica cessazione dal servizio del personale dell'amministrazione di pubblica sicurezza cui, in sede penale, sia stata applicata una misura di sicurezza personale).

 

In buona sostanza, la Corte Costituzionale dice che è illegittima l'automatica destituzione da un pubblico impiego a seguito di sentenza penale senza la mediazione del procedimento disciplinare,

 

in quanto la sanzione disciplinare va graduata, di regola, nell'ambito dell'autonomo procedimento, secondo criteri di proporzionalità e adeguatezza al caso concreto, e non può pertanto costituire l'effetto automatico e incondizionato di una condanna penale, neppure quando si tratti di rapporto di servizio del personale militare.

L'automatismo potrebbe essere giustificato solo eccezionalmente: quando la fattispecie penale abbia contenuto tale da essere radicalmente incompatibile con il rapporto di impiego o di servizio, come ad esempio quella sanzionata anche con la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, di cui all'art. 28 secondo comma c.p., o dell'estinzione del rapporto di impiego prevista, in casi tassativamente determinati, dall'art. 32- quinquies cod. pen.

 

 

Vedi anche

Pubblico impiego / Militari: si possono provare i danni da sanzione disciplinare e trasferimento per incompatibilità ambientale?

Procedimento disciplinare militare: cosa fare nella prima fase?

 

 

 

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Letto 3743 volte Ultima modifica il Domenica, 05 Novembre 2017 18:17
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
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