Domenica, 08 Dicembre 2019 08:45

Fucile uso caccia, reato, lesioni e percosse

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Bisogna prestare attenzione al fatto che una semplice denuncia di reato all’autorità giudiziaria non equivale automaticamente a dire che chi è stato destinatario di quella denuncia diviene per forza inaffidabile per la Questura e che non è in grado di dominare i propri impulsi ed emozioni.

Si fa presto a dire che la querela per lesioni personali o percosse, poi ritirata, lascia un’impronta negativa indefinita nel tempo a carico del denunciato.

Non è così.

Perlomeno non lo è per la giurisprudenza più avveduta.

In buona sostanza: un unico profilo ritenuto dall’Amministrazione ostativo al rinnovo del titolo di polizia, ad esempio attinente ad un unico episodio in cui la persona viene appunto denunciata per l’ipotetico reato di lesioni personali e percosse, in assenza di ulteriori fattori pregiudizievoli non è idoneo a sorreggere un giudizio prognostico sulla pericolosità del soggetto, magari già titolare del titolo di polizia di cui chiede il rinnovo.

 

L’orientamento è stato confermato dal Tar Milano con la sentenza n. 18.04.2019, non appellata.   

 

 

Indice

Il ricorso  

Le motivazioni della sentenza

Conclusioni

Come chiedere assistenza allo studio legale?

 

 

Il ricorso

L’interessato ha impugnato il provvedimento con cui l’Amministrazione ha rigettato la richiesta di rinnovo del porto di fucile per uso caccia, in ragione della intervenuta denuncia del medesimo per il presunto reato di lesioni personali e percosse.

La querela è stata ritirata prima del diniego amministrativo.

A causa di ciò, l’Autorità ha negato il rinnovo del titolo di polizia, ritenendo che siano venuti a mancare il possesso dei requisiti soggettivi richiesti e che l’intestatario non dà più affidamento sul non abuso delle armi.

Il ricorso è stato accolto dal Tar Milano per le considerazioni che seguono.

 

 

Le motivazioni della sentenza

Come abbiamo già ribadito in altri precedenti post, il Collegio condivide l’orientamento prevalente che riconosce, in materia di armi, la sussistenza di una ampia discrezionalità in capo all'Amministrazione.

Tale discrezionalità deriva dall'assenza nel nostro Ordinamento di posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione ovvero al porto di armi, costituendo tali situazioni delle eccezioni al generale divieto di cui art. 699 c.p. e all'art. 4, c. 1, l. n. 110 del 1975.

Inoltre, dalla circostanza che il compito dell'Autorità di p.s., da esercitare con ampia discrezionalità, non è sanzionatorio o punitivo, ma è quello cautelare di prevenire abusi nell'uso delle armi a tutela della privata e pubblica incolumità; questo equivale a dire che ai fini della revoca dell'autorizzazione o del divieto di detenzione di armi e munizioni non è necessario un obiettivo ed accertato abuso delle armi, ma è sufficiente la sussistenza di circostanze che dimostrino come il soggetto non sia del tutto affidabile al loro uso.

Tuttavia nel caso trattato dal Tar Milano, l’Amministrazione non ha esercitato bene la propria discrezionalità.

Il profilo ritenuto ostativo al rinnovo del titolo di polizia, menzionato nel provvedimento, attiene ad un unico episodio in cui il ricorrente è stato denunciato per il presunto reato di lesioni personali e percosse.

La querela è stata ritirata prima del diniego amministrativo.

Elementi che, mancando altri fattori, non appaiono idonei a sorreggere il giudizio prognostico sulla inaffidabilità del soggetto, già titolare del titolo di polizia di cui chiede il rinnovo.

Il Collegio richiama dunque l’orientamento della propria giurisprudenza (Tar Milano, sez. I, sentenza n. 37 del 12.01.2016) secondo cui la singola denuncia all’A.G., subito ritirata, di solito rappresenta un episodio isolato di scarsa rilevanza dalla quale non può conseguire automaticamente anche un diniego come quello oggetto di ricorso.

 

 

Conclusioni

In sostanza, il ricorso è fondato ed è accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, salvi ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.

 

 

vedi anche

https://www.miaconsulenza.it/diritto-delle-armi/3-diritto-delle-armi/327-sberla-minacciata-e-denuncia-in-caserma-effetti-sul-porto-d-armi

 

 

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Letto 3255 volte Ultima modifica il Domenica, 08 Dicembre 2019 08:51
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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