Criteri, principi e regole da conoscere, aggiornate al 28.04.2020, per risolvere il problema del diniego sul rinnovo dell’autorizzazione per il porto di pistola per difesa personale.
Indice
Avere la licenza da diversi anni
Obbligo di trasparenza dell’Amministrazione
Obbligo dell’Amministrazione di chiarire i motivi di diniego
Obbligo dell’UTG di valutare le caratteristiche dell’attività svolta
Obbligo del Ministero di tenere conto del denaro contante
Obbligo dell’Amministrazione di valutare il contesto territoriale
Divieto al Ministero di imporre misure gravose di tutela
Divieto per l’Amministrazione di sindacare le modalità di pagamento
Come ormai ho ripetutamente ricordato, siamo in tempo di Coronavirus ma i magistrati amministrativi non intendono affatto fermare la loro incessante opera modellatrice ed innovatrice dell’Ordinamento giuridico e, nello specifico, della delicata materia del diritto amministrativo delle armi.
Chi mi segue sa che da tanti anni insisto sulla questione della trasparenza amministrativa e del legittimo affidamento del privato rispetto all’intervento autoritativo dello Stato sul pda.
Ebbene, negli ultimi giorni assistiamo al positivo ripetersi di pronunce che assestano colpi pesanti sul cattivo operato decisionale dell’Amministrazione degli Interni in questa materia.
Solo il 26 aprile (vedi: tutelare la legittima aspettativa) avevo ricordato l’esistenza del legittimo affidamento del privato rispetto alla discrezionalità del Questore o del Prefetto; ecco che oggi la Terza Sezione del Consiglio di Stato mette una volta per tutte la parola fine, in senso favorevole per il privato, alla controversa e delicata questione riguardante il rinnovo dell’autorizzazione per il porto di pistola per difesa personale per chi ne è titolare da anni senza aver mai avuto problemi di sorta.
Mi riferisco alla sentenza n. 2722/2020 del 16.04.2020 pubblicata il 28.04.2020, con la quale viene rigettato l’appello presentato dall’U.T.G. contro una sentenza del Tar Calabria.
Otto sono i punti fermi che si possono estrarre dalla sentenza e che, sicuramente, da oggi in poi saranno utili per una moltitudine di persone ed operatori economici interessati.
Eccoli qui, uno per uno, in sintesi.
Avere la licenza da diversi anni
Il tempo ha un suo peso specifico in questa materia: il fatto che la persona interessata abbia il possesso della licenza da diversi anni è un elemento di valutazione fondamentale e favorevole per il privato, che non può e non deve passare inosservato dall’Amministrazione: se questa ignora tale criterio, ecco che scatta la possibilità di ricorrere;
Obbligo di trasparenza dell’Amministrazione
la discrezionalità dell’Amministrazione deve essere esercitata con trasparenza e con il rispetto del legittimo affidamento del privato nei confronti di essa: tanti anni di licenza chiariscono che il dimostrato bisogno è stato sempre e correttamente valutato, dunque il privato si affida nelle mani dell’Amministrazione come ha fatto in passato, presupponendo che l’Amministrazione emetta la propria ragionevole e corretta decisione;
Obbligo dell’Amministrazione di chiarire i motivi di diniego
l’Amministrazione, nella motivazione dell’eventuale diniego deve chiarire qual è il mutamento delle circostanze, di fatto e soggettive, che l’avevano già indotta a rilasciare negli anni antecedenti il titolo;
Obbligo dell’UTG di valutare le caratteristiche dell’attività svolta
l’U.T.G. deve tener conto delle caratteristiche dell’attività svolta dalla persona interessata, come potrebbe essere un’area di servizio carburanti, edicola, rivendita di tabacchi, negozi di telefonia, o altra attività similare;
Obbligo del Ministero di tenere conto del denaro contante
l’Amministrazione deve tenere conto delle modalità di svolgimento di queste attività, dove è prevista l’accettazione di denaro contante, sia per l’esiguità dei pagamenti sia per la presenza altresì di distributori automatici il cui introito deve necessariamente essere raccolto dal proprietario e trasportato verso luogo sicuro;
Obbligo dell’Amministrazione di valutare il contesto territoriale
bisogna poi considerare che, quando si tratta di istanze di licenze volte alla difesa personale, l'Amministrazione deve tener conto delle peculiarità del contesto territoriale nel quale opera il richiedente, oltre che delle specifiche implicazioni di ordine pubblico che si associano all’ambito geografico di interesse (nel caso dell’Italia è noto a tutti che le aree ad elevata densità criminale non siano solo quelle di Reggio Calabria, per restare all’esempio della sentenza 2722, ma purtroppo si estendono per tutta la latitudine dello stivale: dunque i principi qui indicati devono necessariamente valere per tutto il territorio nazionale, o per la gran parte di esso);
Divieto al Ministero di imporre misure gravose di tutela
il Ministero dell’Interno non può assolutamente imporre al richiedente l’approntamento di gravosi e costosi sistemi di videosorveglianza o di vigilanza armata ma, cosa altrettanto importante, non può imporre all’interessato di avvalersi di mezzi di pagamento che escludano il denaro contante, in quanto questo tipo di imposizione implicherebbe un onere per la persona interessata che va al di là dell’apprezzabile sacrificio, per altro in un’epoca caratterizzata dalla piena recessione economica;
Divieto per l’Amministrazione di sindacare le modalità di pagamento
l’Amministrazione non può assolutamente sindacare le modalità di pagamento, né tantomeno il sistema di vigilanza delle proprie strutture e beni: diversamente ciò costituirebbe un’invasione nell'autonomia organizzativo/gestionale dell'imprenditore la cui libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 della Costituzione.
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