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Venerdì, 29 Gennaio 2021 20:02

Come annullare divieto detenzione armi

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 Tar Marche Sezione Prima, sentenza n. 29/2021 pubblicata il 15.01.2021.

 

 

 

I Giudici sanno riconoscere bene quando il divieto detenzione armi zoppica e merita l’annullamento.

 

Lo fanno, per altro, senza mezzi termini, dicendo le cose come stanno e facendo perdere la causa al Ministero dell’Interno e alla Prefettura in modo assolutamente tranquillo e lineare.

 

Né più nè meno di quello che si è verificato avanti il Tar Marche, nel mese di gennaio 2021.

 

In sostanza, la persona interessata in questa occasione promuove il ricorso per disarticolare un divieto di detenzione armi un po’ particolare.

 

Vediamo un po’ i fatti, in maniera sintetica.

 

Gli è stato fatto divieto di detenere armi nonché materie esplodenti - e conseguente decreto del Questore con il quale la licenza di porto di fucile per uso caccia intestata viene revocata.

 

I provvedimenti sono stati adottati a seguito della segnalazione trasmessa dalla Stazione Carabinieri nella quale si rendeva noto che il ricorrente era stato denunciato in stato di libertà.

 

La persona in questione veniva controllata dai Carabinieri mentre stava caricando su un autocarro di sua proprietà, ed utilizzato per l'attività di autotrasportatore per conto terzi, alcuni pannelli in cattivo stato di conservazione e forse abbandonati da anni nelle immediate vicinanze di un compendio immobiliare appartenente ad una ditta chiusa per fallimento.

 

Ebbene, il ricorso va accolto.

 

In effetti, dice il Tribunale, pur dovendosi condividere le argomentazioni di ordine generale esposte dalle amministrazioni, questi principi non sono utili atteso che:

 

- in base al combinato disposto fra gli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S, come è noto, le autorizzazioni di polizia relative alle armi “debbono” essere denegate (o, se già rilasciate, revocate) laddove l’interessato sia stato condannato per determinati reati, fra i quali è ricompreso anche il furto;

 

- le medesime disposizioni del T.U.L.P.S. prevedono poi che le autorizzazioni di polizia “possono” essere denegate o revocate anche nel caso in cui la condanna riguardi reati diversi da quelli summenzionati, ma in questi casi le autorità di P.S. sono onerate di motivare in maniera puntuale e circostanziata il giudizio di pericolosità che esse ritengono di esprimere a carico dell’interessato. Infatti, seppure è vero che  l’ordinamento italiano non riconosce un diritto assoluto a detenere armi e che le autorità di P.S. dispongono di ampia discrezionalità in merito alla individuazione delle condotte che possano far supporre un abuso delle armi legalmente detenute, è altrettanto vero che, in base ai principi generali dell’azione amministrativa, i provvedimenti che dispongono il diniego di rilascio e/o la revoca dei titoli abilitativi debbono essere motivati in maniera tale da consentire di ricostruire il percorso logico seguito dall’amministrazione;

 

- questo discorso vale a maggior ragione laddove la condotta dell’interessato non sia stata oggetto di attenzione da parte del giudice penale oppure quando, seppure sia stato avviato un procedimento penale, lo stesso non si sia ancora concluso nel momento in cui l’amministrazione adotta il provvedimento di diniego, di revoca o di divieto e non sussistano particolari esigenze cautelari.

 

Ora, nel caso esaminato mancano entrambi i presupposti, visto che il ricorrente non risulta aver subito alcuna condanna per uno dei reati ostativi e che la Questura e la Prefettura non hanno fornito alcun serio riscontro in merito alla pericolosità dell’interessato.

 

Né, vista la dinamica dell’episodio, la pericolosità potrebbe dirsi emergente da se, visto che il ricorrente non portava al seguito alcuna arma e che non risulta aver minacciato il personale dell’Arma o altre persone di fare uso delle armi legalmente detenute.

 

Nel provvedimento del Prefetto l’unica motivazione esposta è fuori contesto e, pertanto, non coerente, non essendo facile comprendere in che modo un soggetto accusato di aver sottratto alcuni pannelli abbandonati e fatiscenti possa avere messo a repentaglio l’incolumità di terzi.

 

Poi, nel provvedimento del Questore, non vi è invece alcuna specifica motivazione e solo nella relazione istruttoria versata in giudizio la Questura ha tentato (inammissibilmente) di colmare in qualche modo il deficit motivazionale, evidenziando che il reato in questione è stato commesso violando anche le disposizioni in materia di contenimento del COVID-19.

 

Ma nemmeno in questo caso si capisce in che modo il comportamento del ricorrente possa aver fatto presumere un possibile abuso delle armi legalmente detenute (al contrario, la perquisizione eseguita dai Carabinieri presso l’abitazione del ricorrente ha comprovato che le armi erano custodite nel rispetto delle necessarie precauzioni).

 

Insomma, tutto questo per dire che la causa viene vinta dalla persona interessata, con la soccombenza della parte amministrativa, ancora una volta approssimativa nelle sue difese processuali.

 

Vista la vicenda, se ti trovi in una situazione analoga a questa, ti consiglio di non fermarti se leggi anche tu un provvedimento amministrativo che pecca nella motivazione, ma vai avanti piuttosto con il ricorso.

 

 

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Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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