Il trasferimento d’autorità, anche se è un ordine e non deve avere una motivazione analitica, deve però recare l’indicazione dei presupposti di fatto e di diritto posti a base del trasferimento stesso: se mancano questi elementi il militare può presentare il ricorso al Tar.
I provvedimenti di trasferimento dei militari, rientrando nel genus degli ordini sono sottratti alla disciplina generale sul procedimento amministrativo dettata dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e non necessitano di particolare motivazione.
Però questo principio deve necessariamente correlarsi all'affermazione, di fonte costituzionale (art. 52, comma 3, Cost.) che l'ordinamento militare, per quanto caratterizzato per sua natura da uno speciale rapporto di gerarchia e da marcato obbligo di obbedienza, si conforma anch'esso allo spirito democratico della Repubblica.
La conseguenza di questa impostazione è la necessità, anche per l'amministrazione della difesa di osservare, in relazione a fasi di organizzazione e gestione del personale che non si differenzino, per procedimento e finalità, da quelli del restante pubblico impiego, dai principi e criteri che segnano il modo d'essere di tutti i rapporti tra Stato - apparato e cittadini, essenziali per la stessa concezione di uno Stato democratico.
Insomma: gli atti di trasferimento d'autorità, pur non necessitando di particolare motivazione in ordine al contemperamento degli opposti interessi, devono comunque contenere l'indicazione dei presupposti, di fatto e di diritto, posti a base del trasferimento.
Laddove manchi questa indicazione il militare potrà presentare il ricorso e chiedere il riesame della procedura di trasferimento [1].
[1] Tar Campania, Napoli, Sez. Settima, ordinanza n. 1591 del 03.10.2016.
Vuoi assistenza legale?
Contatta l’Avv. Francesco Pandolfi
3286090590
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.