Il Consiglio di Stato ha condensato i criteri per l’accesso agli atti dell’amministrazione militare da parte del dipendente.
I Giudici amministrativi, in occasione di una recente sentenza [1], hanno preso spunto per fissare con chiarezza alcuni principi di fondo che regolano l’accesso agli atti da parte dei militari, i quali abbiano necessità di conoscere nel dettaglio determinati documenti che reputano utili o decisivi a supporto di un ricorso.
Bene: la premessa dei Magistrati è che in seguito alle modifiche apportate dalla legge n. 15/2005 alla legge n. 241/1990, la pubblicità e la trasparenza dell’attività amministrativa sono la regola, mentre la secretazione dei documenti è l’eccezione.
Quindi le ipotesi di sottrazione all’accesso devono essere interpretate in maniera rigorosa e tassativa, non essendo possibili interpretazioni estensive delle limitazioni previste dalla legge n. 241/1990.
Detto questo, il Consiglio ha chiarito che l’accesso può essere anche di notevole estensione, ma non per questo necessariamente volto ad un controllo generalizzato dell’azione amministrativa, tale quindi da escludere il diritto di accesso.
Per i militari sono dunque ammessi tutti i casi di cosiddetto accesso difensivo, che sussiste qualora via sia un nesso tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate o da formulare nel ricorso.
Ciò a prescindere dalla verifica di fondatezza della pretesa in causa e senza alcuna indagine sulla concreta utilità che il documento potrebbe avere in sede giurisdizionale.
In definitiva, le regole per l’accesso agli atti sono chiare e vanno nel senso dell’estensione del diritto, non della sua compressione.
[1] Consiglio di Stato Sezione Seconda, sentenza n. 5589/21 pubblicata il 27.07.2021.
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