La risposta è SI: è sbagliata:
a dircelo è il Tar Trento con una sentenza ineccepibile.
Altro ricorso vinto per l’interessato.
C’è da dire che il tribunale bacchetta l’amministrazione su due argomenti: la mancata partecipazione al procedimento amministrativo del ricorrente e il malgoverno del reato per niente attinente all’uso lecito dell’arma.
Il caso
Un recente caso dove il Commissariato per il Governo di Trento sbaglia ad assumere il proprio provvedimento di revoca della licenza ad uso caccia della persona interessata.
Sbaglia per il semplice motivo che, rispetto alla condotta messa in atto dall'interessato (un tentato furto di prodotti alimentari all'interno di un alimentari, reato aggravato dall'esposizione dei prodotti alla pubblica fede), il Tar Trento (sentenza n. 302 del 10 novembre 2017) ritiene il fatto di poca consistenza rispetto ad una possibile incidenza o ripercussione dello stesso sull’uso lecito dell’armamento.
La motivazione dell’Amministrazione
L’Autorità, di fronte ad una situazione del genere, aveva proposto la seguente motivazione:
"i fatti di cui l'interessato si è reso protagonista e la condotta dallo stesso tenuta in quella circostanza inducono a ritenere che egli, allo stato attuale, sia privo dei requisiti di buona condotta ed affidabilità necessari per i titolari di licenze di polizia in materia di armi, ponendo dubbi circa l'utilizzo in perfetta e completa sicurezza dell'autorizzazione di porto d'arma di cui è in possesso”.
Niente da fare per la persona interessato sul ricorso gerarchico, che pure cerca di presentare con tutti gli accorgimenti tecnici del caso, non tralasciando nulla.
La pratica non supera la prima barriera procedurale: bisogna portare il dossier all’attenzione dei Magistrati.
Ebbene, una volta interrogati, i Giudici la vedono diversamente dall’amministrazione ed accolgono il ricorso, con una motivazione ampiamente condivisibile.
Gli argomenti del Tar, primo: la mancata partecipazione dell’interessato al procedimento amministrativo
Il Tar ricorda che l’art. 10 della legge n. 241/1990 configura come un vero e proprio "diritto" dell'interessato la facoltà di presentare memorie scritte e documenti, che a sua volta l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento.
Pertanto, mentre nel caso di esercizio di tale diritto sorge l'obbligo dell'Amministrazione di tenere nella dovuta considerazione le osservazioni dell'interessato, all’opposto non può ritenersi che il mancato esercizio del diritto si traduca in una sorta di acquiescenza rispetto all'esercizio del potere.
Secondo: c’è penale e penale, non tutti i casi sono uguali.
Prosegue il ragionamento dei Giudici.
Riguardo alla commissione di fatti costituenti reato, la giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. III, 21 aprile 2015, n. 2009) ha precisato che non tutti i fatti penalmente rilevanti possono ritenersi ugualmente significativi ai fini del giudizio prognostico sull'abuso delle armi.
Difatti si devono distinguere:
A) i casi di reati commessi mediante l'uso o l'abuso delle armi, per effetto dei quali l'inaffidabilità del soggetto emerge in modo lampante, di modo che il divieto di detenzione delle armi non richiede, in genere, altra motivazione,
B) i casi nei quali, pur mancando una diretta relazione con l'uso delle armi, i reati risultano comunque rilevanti ai fini del divieto, in quanto sono indicativi di una personalità portata alla violenza contro le persone;
C) i casi nei quali non solo manca l'impiego delle armi nella commissione del reato, ma neppure si ravvisa alcuna indicazione riguardo ad una propensione all'abuso delle armo, sicché la possibilità di trarre dal fatto elementi di valutazione ai fini del divieto, se non è esclusa in radice, è tuttavia quanto meno remota e legata a particolari contingenze, da spiegare accuratamente in motivazione.
Causa vinta per l’interessato
Il ricorso va accolto perché il reato addebitato al ricorrente non è significativo del pericolo di abuso delle armi ed i provvedimenti impugnati risultano carenti di adeguata motivazione in quanto:
A) il Questore non spiega il percorso logico attraverso il quale il fatto commesso si possa ritenere un elemento indiziario della ridotta affidabilità in materia di detenzione di armi;
B) tale motivazione si rendeva necessaria se si considerano le molteplici circostanze messe in evidenza dal ricorrente e rimaste inascoltate, in particolare,
- che il reato non è stato commesso facendo uso delle armi e si configura come un episodio singolo e, per di più, di particolare tenuità,
- che il ricorrente al momento della contestazione del fatto non ha assunto un comportamento violento,
- che non vi è contestazione in ordine alla condotta di vita tenuta sino a quell'episodio e
- che il ricorrente medesimo risulta titolare della licenza di porto di fucile per uso caccia sin dal 2011.
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