Militari ricongiungimento familiare
L’AVVOCATO RISPONDE
LA DOMANDA
Militari ricongiungimento familiare: una delle ultime consulenze erogate dallo studio. Il parere è reso anonimo per consentirne la divulgazione.
Sono un Ufficiale dell'Esercito Italiano che da circa un anno presta servizio in xxxx. Come sicuramente le sarà accaduto molteplici volte in passato sono a scriverle per avere una delucidazione in merito all’attuale disciplina giuridica inerente l'istituto giuridico del ricongiungimento familiare nonché gli eventuali orientamenti giurisprudenziali in diritto. Nel marzo 2017 sono nominato Ufficiale xxx in servizio permanente e nell'agosto xxx vengo assegnato presso la sede di xxx. Quanto alla mia assegnazione trattasi di "prima assegnazione" con vincolo di permanenza di anni 3. Questo vincolo temporale è da intendersi quale limite alla possibilità di poter richiedere trasferimento ordinario o avvicendamento reciproco (c.d. scambio alla pari) e non eventuali trasferimenti c.d. straordinari. A fine agosto xxx mi sposo, in data successiva alla assegnazione di destinazione. Siamo entrambi residenti in provincia di xxxx. Non abbiamo al momento figli. Mia moglie lavora presso xxxxxxxxx (area geografica ove non sono presenti caserme) ed ha da poco vinto concorso pubblico tempo indeterminato presso la xxxxxx (area geografica ove sono presenti molteplici caserme ed in particolar modo quelle relative alla mia specialità d'arma). Conscio della disciplina giuridica attualmente in vigore che, nascendo per tutelare il nucleo familiare di due coniugi entrambi militari ed in particolar modo la prole, permette il ricongiungimento;
conscio del fatto che altra casistica è quella relativa alla situazione di famiglia composta da militare e dipendente pubblico prevede la tutela del nucleo qualora il militare fosse trasferito d'autorità; è astrattamente prevedibile nel mio caso potermi fattivamente ricongiungere a mia moglie? Gli ultimi anni hanno conosciuto sentenze innovatrici del diritto/orientamenti giurisprudenziali?”.
LA RISPOSTA
Le regole generali in materia sono chiare.
Il vincolo familiare è sacro per principio ed è tutelato da norme di rango comunitario e costituzionale, oltreché dalla normativa di settore; ad ogni modo non meno importanti sono taluni limiti imposti ex lege a determinate libertà e diritti.
Art. 8 C.E.D.U.
Ad esempio, la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo prevede, all’art. 8, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, stabilendo al n. 1 che: “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”, proseguendo al n. 2 che “non può esservi ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza non sia prevista dalla legge e non costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del Paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.
Art. 29 Cost.
L’unione del nucleo familiare è tutelata poi dall’art. 29 della Costituzione Italiana: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare”. In forza di questo principio, la norma costituzionale riconosce indubbiamente alla famiglia una posizione preminente all’interno della società: si tratta di un riconoscimento giuridico della famiglia che avviene attraverso l’istituto del “matrimonio” (oggi affiancato dai due neonati istituti delle “unioni civili” e della convivenza sancita da “contratto”).
Scendiamo ora di livello nella gerarchia delle fonti normative e vediamo i problemi che scaturiscono da alcune falle nella disciplina di settore.
Art. 17 della legge 266/1999
(Disposizioni concernenti il trasferimento del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia).
Il coniuge convivente del personale in servizio permanente delle Forze armate, compresa l'Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e degli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, trasferiti d'autorità da una ad altra sede di servizio, che sia impiegato in una delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, ha diritto, all'atto del trasferimento o dell'elezione di domicilio nel territorio nazionale, ad essere impiegato presso l'amministrazione di appartenenza o, per comando o distacco, presso altre amministrazioni nella sede di servizio del coniuge o, in mancanza, nella sede piu' vicina.
Ricongiungimento familiare.
Ad oggi è in itinere un Disegno di legge finalizzato alla definitiva disciplina in tema di ricongiungimento familiare, al fine di dare concreta attuazione all’istituto in parola nei confronti del personale del comparto Difesa e Sicurezza, ma anche superare l’attuale vuoto legislativo stabilendo un diritto soggettivo al ricongiungimento.
Nel frattempo, le singole Forze armate e Corpi armati hanno provveduto ad emanare disposizioni interne cercando di tutelare nel miglior modo possibile le esigenze familiari.
Nello specifico, la Guardia di Finanza ha previsto una mobilità solo per le esigenze dei militari dipendenti nella specifica fattispecie della riunione dei nuclei familiari costituiti da coniugi entrambi appartenenti al Corpo, anche in assenza del trasferimento autoritativo di uno dei due. Mentre, ad esempio, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, con una disposizione interna ha previsto la possibilità di ricongiungimento tra coniugi purché vi sia un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
In ragione di quanto da Lei rappresentato, questo Studio legale ritiene che il ricongiungimento familiare tra coniugi appartenenti ad amministrazioni differenti, come sopra specificato, rappresenta ad oggi un vuoto legislativo, a cui i vari Comandi hanno sopperito con proprie disposizioni interne tra esse non omogenee.
Ancor di più, la citata disposizione risulta in conflitto con i principio sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo prevede, all’art. 8, che riconosce il diritto al rispetto della vita privata e familiare, stabilendo che: “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”, nonché in contrasto con l’art. 29 della Costituzione Italiana: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.
A fronte di questo impianto normativo, si potrebbero utilizzare le motivazioni di cui sopra al fine di far valere il proprio diritto di vivere con il proprio coniuge, ricorrendo al giudice amministrativo affinché si pronunci per l’annullamento di un-eventuale provvedimento di rigetto dell’istanza di trasferimento.
Ovviamente bisogna tener conto degli scenari possibili all’esito di un eventuale contenzioso.
Come si può agevolmente intuire l’epilogo di un ricorso non è scontato, essendo la decisione rimessa ad un Giudice; è ragionevole ritenere che vi siano possibilità di esito positivo in primo grado stimabili nell’ordine del 50%.
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