Mercoledì, 08 Dicembre 2021 17:12

Sicurezza dei vaccini: cosa dice la Legge

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Regole per la commercializzazione di un vaccino secondo la vigente normativa europea.

 

 

 

1) Da molti è stato detto che il breve tempo di cui si sono potute giovare le case farmaceutiche per gli studi, la predisposizione e la sperimentazione delle soluzioni vaccinali per prevenire il virus Sars-CoV-2 non ha consentito di raggiungere quelle condizioni di sicurezza e di efficacia dei vaccini, che devono precedere e assistere ogni prestazione sanitaria imposta ai sensi dell’art. 32 comma secondo, della Costituzione.

 

2) Altri hanno sostenuto che le stesse case farmaceutiche produttrici dei vaccini riconoscono, da un lato, che non sono ancora note le potenzialità dei vaccini, quanto alla capacità di impedire la trasmissione del virus, la capacità di impedire la contrazione della malattia e la durata dell’efficacia preventiva, mentre, dall’altro lato, esse stesse ammetterebbero che non sono ancora note le conseguenze, soprattutto a lungo termine, derivanti dalla somministrazione dei vaccini.

 

3) Altri ancora hanno scritto e detto che anche le Autorità preposte alla valutazione e all’approvazione dei farmaci, in sede europea e nazionale, al pari dei produttori dei vaccini, non sarebbero ancora in grado di stabilire quale sia l’effettiva efficacia e sicurezza dei vaccini medesimi.

 

4) Ciononostante il Legislatore avrebbe voluto un obbligo vaccinale in danno degli operatori sanitari ed altre categorie, costretti a sottoporsi ad uno dei quattro vaccini autorizzati in Italia senza avere la certezza della loro efficacia e sicurezza.

 

5) Molte persone hanno detto che l’assoluta carenza di certezza in ordine alle garanzie di efficacia e sicurezza delle soluzioni vaccinali sarebbe dimostrata dal fatto che la loro immissione in commercio è stata autorizzata dall’EMA mediante il rilascio di autorizzazioni condizionate che impongono di continuare il monitoraggio e gli studi in ordine all’efficacia e alla sicurezza dei vaccini medesimi e necessitano di essere rinnovate periodicamente, proprio in ragione dei risultati che emergeranno dagli studi in corso.

 

6) Fatte queste premesse, sulla questione relativa alla presunta mancanza di efficacia o sicurezza nei vaccini occorre chiarire, stante la complessità del quadro regolatorio che disciplina a livello accentrato la materia, che la commercializzazione del vaccino, secondo la vigente normativa dell’Unione europea, passa attraverso una raccomandazione da parte della competente Agenzia europea per i medicinali (EMA), che valuta la sicurezza, l’efficacia e la qualità del vaccino, sulla cui base la Commissione europea può procedere ad autorizzare la commercializzazione nel mercato dell’Unione, dopo avere consultato gli Stati membri che debbono esprimersi favorevolmente a maggioranza qualificata.

 

7) La normativa dell’Unione – in particolare l’art. 14-bis del Reg. CE 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e dal Reg. CE 507/2006 della Commissione – prevede uno strumento normativo specifico per consentire la rapida messa a disposizione di medicinali, da utilizzare in situazioni di emergenza, poiché in tali situazioni la procedura di “immissione in commercio condizionata” (CMA, Conditional marketing authorisation) è specificamente concepita al fine di consentire una autorizzazione il più rapidamente possibile, non appena siano disponibili dati sufficienti, pur fornendo un solido quadro per la sicurezza, le garanzie e i controlli post-autorizzazione.

 

8) In questa procedura, si ha una parziale sovrapposizione delle fasi di sperimentazione clinica, che nella procedura ordinaria sono sequenziali, che prende il nome di “partial overlap” e che prevede l’avvio della fase successiva a poca distanza dall’avvio della fase precedente.

 

9) La leggera sfasatura nell’avvio delle fasi di sperimentazione riduce i rischi connessi ad una sovrapposizione delle fasi e accelera i normali tempi di svolgimento delle sperimentazioni, anche se fornisce dati meno completi rispetto alla procedura ordinaria di autorizzazione.

 

10) E tuttavia l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata non è una scorciatoia incerta e pericolosa escogitata ad hoc per fronteggiare irrazionalmente una emergenza sanitaria come quella attuale, ma una procedura di carattere generale, idonea ad essere applicata – e concretamente applicata negli anni passati, anche recenti, soprattutto in campo oncologico – anche al di fuori della situazione pandemica, a fronte di necessità contingenti (non a caso la lotta contro i tumori ne è il terreno elettivo), e costituisce una sottocategoria del procedimento inteso ad autorizzare l’immissione in commercio ordinaria perché viene rilasciata sulla base di dati che sono, sì, meno completi rispetto a quelli ordinari – cfr. 4° Considerando del Reg. CE 507/2006 – ma è appunto presidiata da particolari garanzie e condizionata a specifici obblighi in capo al richiedente.

 

11) Una volta adempiuti gli obblighi prescritti e forniti i dati mancanti, l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata viene infatti convertita – ciò che diverse volte si è verificato in passato – in un’autorizzazione non condizionata.

 

12) Il bilanciamento, rispetto alla maggior completezza dei dati ottenuti nella procedura ordinaria di autorizzazione, è imposto e assicurato, nella previsione dell’art. 4 del Reg. (CE) n. 507/2006, da quattro rigorosi requisiti:

 

12a) che il rapporto rischio/beneficio del medicinale risulti positivo;

 

12b) che sia probabile che il richiedente possa in seguito fornire dati clinici completi;

 

12c) che il medicinale risponda a specifiche esigenze mediche insoddisfatte;

 

12d) che i benefici per la salute pubblica derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superino il rischio dovuto al fatto che sono tuttora necessari dati supplementari.

 

13) Per quanto riguarda i vaccini contro la diffusione del virus Sars-CoV-2, l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata segue, a giudizio della Commissione, un quadro solido e controllato e fornisce valide garanzie di un elevato livello di protezione dei cittadini nel corso della campagna vaccinale, costituendo una componente essenziale della strategia dell’Unione in materia di vaccini, garanzie che distinguono nettamente questa ipotesi dalla c.d. “autorizzazione all’uso d’emergenza”, istituto diverso che, in alcuni Paesi (come gli Stati Uniti e l’Inghilterra) non autorizza un vaccino, ma l’uso temporaneo, per ragioni di emergenza, di un vaccino non autorizzato.

 

14) Tutti gli Stati membri dell’Unione hanno formalmente sottoscritto la strategia sui vaccini proposta dalla Commissione e hanno convenuto sulla necessità di applicare la procedura di autorizzazione all’immissione in commercio condizionata attraverso l’EMA per i vaccini contro il Sars-CoV-2.

 

15) I quattro prodotti ad oggi utilizzati nella campagna vaccinale sono stati dunque regolarmente autorizzati dalla Commissione, previa raccomandazione dell’EMA, attraverso la procedura di autorizzazione condizionata (c.d. CMA, Conditional marketing authorisation), di cui si è accennato in sintesi, disciplinata dall’art. 14-bis del Reg. CE 726/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio e dal Reg. CE 507/2006 della Commissione.

 

16) Si tratta di un’autorizzazione che può essere rilasciata anche in assenza di dati clinici completi, come si è detto, «a condizione che i benefici derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superino il rischio dovuto al fatto che sono tuttora necessari dati supplementari».

 

17) Il carattere condizionato dell’autorizzazione non incide sui profili di sicurezza del farmaco (nel sito dell’ISS, che richiama a sua volta quello dell’EMA, si ricorda «una autorizzazione condizionata garantisce che il vaccino approvato soddisfi i rigorosi criteri Ue di sicurezza, efficacia e qualità, e che sia prodotto e controllato in stabilimenti approvati e certificati in linea con gli standard farmaceutici compatibili con una commercializzazione su larga scala») né comporta che la stessa debba essere considerata un minus dal punto di vista del valore giuridico, ma impone unicamente al titolare di «completare gli studi in corso o a condurre nuovi studi al fine di confermare che il rapporto rischio/beneficio è favorevole».

 

18) La CMA è, peraltro, uno strumento collaudato e utilizzato già diverse volte prima dell’emergenza pandemica, come attesta il report disponibile sul sito istituzionale dell’EMA, relativo ai primi dieci anni di utilizzo della procedura, se si tiene presente che nel periodo di riferimento analizzato dal report – tra il 2006 e il 2016 – sono state concesse ben 30 autorizzazioni in forma condizionata, specialmente in ambito oncologico, nessuna delle quali successivamente ritirata per motivi di sicurezza, in quanto undici sono state convertite in autorizzazioni ordinarie, due ritirate per ragioni commerciali e le restanti diciassette sono rimaste ancora ad oggi autorizzazioni condizionate, essendo in corso il completamento dei dati.

 

19) Alla luce di queste premesse di carattere regolatorio-tecnico, che non concernono solo la normativa europea ma, per la intrinseca natura tecnica di questa, le stesse procedure di sperimentazione ammesse dalla comunità scientifica in base ai canoni fondamentali della c.d. medicina dell’evidenza (c.d. evidence based), soggette anche esse al controllo del giudice nazionale od europeo, a seconda dell’atto impugnato, nell’esercizio del sindacato sulla c.d. discrezionalità tecnica, si deve respingere l’affermazione secondo cui i vaccini contro il Sars-Cov-2 siano “sperimentali”, come anche quella che mette radicalmente in dubbio la loro efficacia e/o la loro sicurezza, in quanto approvati senza un rigoroso processo di valutazione scientifica e di sperimentazione clinica che ne abbia preceduto l’ammissione.

 

20) Così non è, per tutte le ragioni di ordine scientifico esposte, perché la CMA è una procedura in cui la maggiore rapidità e la parziale sovrapposizione delle fasi di sperimentazione – nel gergo medico: fast track/partial overlap – consentono di acquisire dati sufficientemente attendibili, secondo i parametri proprî della medicina dell’evidenza, in ordine all’efficacia e alla sicurezza dei farmaci, come dimostra proprio l’ampio ricorso a questa stessa procedura – ben 30 volte – nel decennio tra il 2006 e il 2016 con apprezzabili risultati, poi confermati, e l’autorizzazione condizionata si colloca pur sempre a valle delle usuali fasi di sperimentazione clinica che precedono l’ordinaria immissione in commercio di qualsiasi farmaco, senza che per questo ne vengano sminuite la completezza e la qualità dell’iter di ricerca e di sperimentazione.

 

21) La circostanza che i dati acquisiti nella fase di sperimentazione siano parziali e provvisori, come taluno ha rilevato anche sulla base delle condizioni imposte dal Reg. CE 507/2006 della Commissione, in quanto suscettibili di revisione sulla base delle evidenze empiriche via via raccolte – sicché l’autorizzazione è, appunto, condizionata all’acquisizione di più completi dati acquisiti successivamente all’autorizzazione stessa che, non a caso, ha durata solo annuale – nulla toglie al rigore scientifico e all’attendibilità delle sperimentazioni che hanno preceduto l’autorizzazione, pur naturalmente bisognose, poi, di conferma mediante i cc.dd. «comprehensive data post-authorisation».

 

22) L’AIFA, nello studio pubblicato sul proprio sito, ha chiarito che «gli studi che hanno portato alla messa a punto dei vaccini COVID-19 non hanno saltato nessuna delle fasi di verifica dell’efficacia e della sicurezza previste per lo sviluppo di un medicinale, anzi, questi studi hanno visto la partecipazione di un numero assai elevato di volontari, circa dieci volte superiore a quello di studi analoghi a quello di studi analoghi per lo sviluppo di altri vaccini».

 

23) Questi studi si sono avvalsi, peraltro, anche delle ricerche già condotte in passato sulla tecnologia a RNA messaggero (mRNA) e degli studi sui coronavirus umani correlati al Sars-CoV-2, come per esempio quelli che hanno provocato SARS (Severe acute respiratory syndrome) e MERS (Middle East respiratory syndrome).

 

24) Sul piano dell’efficacia, per quanto concerne i vaccini contro il Sars-Cov-2, avuto proprio riguardo ai dati aggiornati e più completi successivi alle autorizzazioni condizionate di essi, si deve osservare come emergano significative evidenze dall’ultimo bollettino sull’andamento dell’epidemia emesso dall’ISS, organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale, istituzionalmente investito – tra le altre – delle funzioni di ricerca e controllo in materia di salute pubblica (art. 1 del relativo Statuto, approvato con D.M. del 24 ottobre 2014).

 

25) Il documento cui si fa riferimento è liberamente consultabile online, in quanto pubblico, presso il sito internet dell’ente e considera i dati relativi a tutti i casi di infezione da virus SARS-CoV-2 registrati nel periodo 4 aprile – 31 agosto 2021, confermati tramite positività ai test molecolari e antigenici.

 

26) Esso conclude riconoscendo che «l’efficacia preventiva è dell'89% nei confronti di una diagnosi di COVID-19 a circa sette mesi dopo la seconda dose» e che «per quanto riguarda i ricoveri in ospedale e i ricoveri in TI successivi a diagnosi di COVID-19 si è osservata una efficacia preventiva del 96% e nei confronti dei decessi del 99% a circa sei mesi dalla seconda dose».

 

27) Perciò, sulla base non solo degli studi – trials – condotti in fase di sperimentazione, ma anche dell’evidenza dei dati ormai imponenti acquisiti successivamente all’avvio della campagna vaccinale ed oggetto di costante aggiornamento e studio in sede di monitoraggio emerge che la profilassi vaccinale è efficace nell’evitare non solo la malattia, per lo più totalmente o, comunque, nelle sue forme più gravi, ma anche il contagio.

 

28) Si deve solo aggiungere, quanto al dubbio in ordine alla capacità di evitare i contagi e, quindi, in termine di prevenzione della trasmissibilità della malattia da parte dei soggetti vaccinati, anche nella più recente ed estremamente contagiosa forma della variante “delta”, che la posizione della comunità scientifica internazionale, alla luce delle ricerche più recenti, è nel senso che la fase di eliminazione virale nasofaringea, nel gruppo dei vaccinati, è tanto breve da apparire quasi impercettibile, con sostanziale esclusione di qualsivoglia patogenicità nei vaccinati.

 

29) In punto di sicurezza, quanto all’inesistenza, per chi è sottoposto al trattamento, di conseguenze negative le quali vadano oltre la normalità e la tollerabilità, si deve muovere anzitutto dal presupposto scientifico di ordine generale secondo cui il vaccino, come tutti i farmaci, non può essere considerato del tutto esente da rischi.

 

30) Il giudizio in questione deve dunque vertere, propriamente, sui profili di sicurezza dei quattro vaccini contro il Sars-CoV-2 disponibili sul mercato e, correttamente ed esclusivamente, sul favorevole rapporto costi/benefici della loro somministrazione su larga scala.

 

31) Il monitoraggio costante di questi aspetti compete al sistema di farmacovigilanza, cui è preposta l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), che raccoglie e valuta tutte le segnalazioni di eventi avversi.

 

32) Quanto, in particolare, alla farmacovigilanza sui vaccini contro il Sars-CoV-2, l’ultimo rapporto ad oggi disponibile (il nono, pubblicato il 12 ottobre 2021 sul sito dell’AIFA, la quale ha preannunciato che l’aggiornamento del monitoraggio, di qui in avanti, sarà trimestrale), espone i dati aggiornati al 26 settembre 2021 e ricavati dalla somministrazione di 84.010.605 dosi di vaccino in Italia.

 

33) Gli eventi avversi – e, cioè, gli episodi sfavorevoli verificatisi dopo la somministrazione, a prescindere dalla riconducibilità alla stessa dal punto di vista causale – sono stati 101.110, con un tasso di segnalazione – misura del rapporto fra il numero di segnalazioni inserite nel sistema di farmacovigilanza e numero di dosi somministrate – pari a 120 ogni 100.000 dosi.

 

34) Di queste, solo il 14,4% ha avuto riguardo ad eventi gravi, con la precisazione che ricadono in tale categoria, definita in base a criteri standard, conseguenze talvolta non coincidenti con la reale gravità clinica dell’evento, mentre l’85,4% si riferisce a eventi non gravi, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia/stanchezza, dolori muscolari.

 

35) Di tutte le segnalazioni gravi (17 ogni 100.000 dosi somministrate) solo il 43% di quelle esaminate finora è risultata correlabile alla vaccinazione.

 

36) Si tratta di dati comparabili a quelli emersi in esito all’attività di farmacovigilanza condotta sugli altri vaccini esistenti (alcuni dei quali già oggetto di somministrazione obbligatoria ai sensi del d.l. n. 73 del 2017), che sono parimenti consultabili sul sito dell’AIFA, nello specifico rapporto pubblicato.

 

37) Quanto sin qui illustrato, in sintesi, conferma che le terapie vaccinali regolarmente approvate e in uso attualmente in Italia, come in Europa e nel resto del mondo (ove, tra l’altro, alcuni vaccini sono stati approvati in via definitiva: negli Stati Uniti la FDA, la Food and drug administration, istituzione che regolamenta i prodotti alimentari e farmaceutici, ad esempio, ha approvato in via definitiva il 23 agosto 2021 il vaccino Comirnaty per le persone di età maggiore a 16), presentano per i soggetti ai quali sono inoculate un rapporto rischio/beneficio favorevole che, allo stato delle conoscenze scientifiche, delle sperimentazioni eseguite, degli studi clinici e dei dati disponibili, non è diverso da quella dei vaccini tradizionali, alcuni delle quali rese obbligatorie, come noto, dal d.l. n. 73 del 2017, sulla cui legittimità costituzionale si è pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza n. 5 del 18 gennaio 2018.

 

38) Le risultanze statistiche evidenziano dunque l’esistenza di un bilanciamento rischi/benefici assolutamente accettabile e i danni conseguenti alla somministrazione del vaccino per il SARS-CoV-2 devono ritenersi, considerata l’estrema rarità del verificarsi di eventi gravi e correlabili, rispondenti ad un criterio di normalità statistica.

 

39) I dati relativi alla drastica riduzione di contagi, ricoveri e decessi, ad oggi disponibili e resi di pubblico dominio dalle istituzioni e dagli enti sanitari, dimostrano sul piano epidemiologico che la vaccinazione – unitamente alle altre misure di contenimento – si sta dimostrando efficace, su larga scala, nel contenere il contagio e nel ridurre i decessi o i sintomi gravi.

 

40) Poi, nell’odierna situazione emergenziale, almeno fino al 31 dicembre 2021, le misure per il contenimento del contagio richiedono alle autorità sanitarie un intervento pronto e risoluto, ispirato alla c.d. amministrazione precauzionale, la quale deve necessariamente misurarsi con quello che, in dottrina, è stato definito il c.d. ignoto irriducibile, in quanto ad oggi non si dispone di tutti i dati completi per valutare compiutamente il rapporto rischio/beneficio nel lungo periodo, per ovvi motivi, e questa componente, appunto, di ignoto irriducibile, pur con il massimo – ed encomiabile – sforzo profuso dalla ricerca scientifica, reca con sé l’impossibilità di ricondurre una certa situazione fattuale, interamente, entro una logica di previsione ex ante fondata su elementi di incontrovertibile certezza.

 

41) Per i tempi necessari alla sperimentazione, di fronte all’esigenza immediata di intervento, la scienza ad oggi non è ovviamente in grado di fornire certezze assolute circa la totale assenza di rischi anche a lungo termine connessa all’assunzione dei vaccini ma il Legislatore, in una situazione pandemica che vede il diffondersi di un virus a trasmissione aerea, altamente contagioso e spesso letale per i soggetti più vulnerabili per via di malattie pregresse – si pensi ai pazienti cardiopatici, diabetici od oncologici – e dell’età avanzata, ha il dovere di promuovere e, se necessario, imporre la somministrazione dell’unica terapia – quella profilattica – in grado di prevenire la malattia o, quantomeno, di scongiurarne i sintomi più gravi e di arrestare o limitarne fortemente il contagio.

 

42) L’autorizzazione condizionata dei quattro vaccini, come si è detto, fornisce sufficienti garanzie circa la loro efficacia e sicurezza, sulla base degli studi eseguiti e delle conoscenze acquisite, e si struttura sul modello della c.d. amministrazione precauzionale riflessiva, in quanto caratterizzata dalla flessibilità dell’azione pubblica e dalla capacità di incorporare la mutevole contingenza, nell’ottica di una continua ridefinizione degli obiettivi e di un continuo monitoraggio.

 

43) La riserva di scienza, alla quale il decisore pubblico sia livello normativo che amministrativo deve fare necessario riferimento nell’adottare le misure sanitarie atte a fronteggiare l’emergenza epidemiologica, lascia a questo, per l’inevitabile margine di incertezza che contraddistingue anche il sapere scientifico nella costruzione di verità acquisibili solo nel tempo, a costo di severi studi e di rigorose sperimentazioni e sottoposte al criterio di verificazione-falsificazione, un innegabile spazio di discrezionalità nel bilanciamento tra i valori in gioco, la libera autodeterminazione del singolo, da un lato, e la necessità di preservare la salute pubblica e con essa la salute dei soggetti più vulnerabili, dall’altro, una discrezionalità che deve essere senza dubbio usata in modo ragionevole e proporzionato e, in quanto tale, soggetta nel nostro ordinamento a livello normativo al sindacato di legittimità del giudice delle leggi e a livello amministrativo a quello del giudice amministrativo.

 

44) Molti hanno sostenuto che, in assenza di una certezza assoluta offerta dalla scienza circa la sicurezza dei vaccini, anche nel lungo periodo il legislatore dovrebbe lasciare sempre e comunque l’individuo libero di scegliere se accettare o meno il trattamento sanitario e, dunque, di ammalarsi e contagiare gli altri.

 

45) Tanto però sembra errato perché, così ragionando, l’utilizzo obbligato di una nuova terapia, in una fase emergenziale che vede il crescere esponenziale di contagi e morti, dovrebbe attendere irragionevolmente un tempo lunghissimo e, potenzialmente, indefinito per tutte le possibili sperimentazioni cliniche necessarie a scongiurare il rischio, anche remoto (o immaginabile e persino immaginario) di tutti i possibili eventi avversi, tempo nel quale, intanto, la malattia continuerebbe incontrastata a mietere vittime senza alcuna possibilità di una cura che, seppure sulla base di dati non ancora completi, ha mostrato molti più benefici che rischi per la collettività.

 

46) Sarebbe questa una conseguenza paradossale che, nel rivendicare la sicurezza ad ogni costo, e con ogni mezzo, della cura imposta dal legislatore a beneficio di tutti, ne negherebbe però in radice ogni possibilità, paralizzando l’intervento benefico, per non dire salvifico, della legge o dell’amministrazione sanitaria contro il contagio di moltissime persone, perché, come ha osservato la Corte costituzionale – in riferimento alla normativa che introduceva la vaccinazione obbligatoria contro l’epatite virale di tipo B, impugnata anche per la omessa previsione di accertamenti preventivi idonei quantomeno a ridurre il rischio, pur percentualmente modesto, di lesioni all’integrità psicofisica per le complicanze del vaccino – «la prescrizione indeterminata e generalizzata di tutti gli accertamenti preventivi possibili, per tutte le complicanze ipotizzabili e nei confronti di tutte le persone da assoggettare a tutte le vaccinazioni oggi obbligatorie» renderebbe «di fatto impossibile o estremamente complicata e difficoltosa la concreta realizzabilità dei corrispondenti trattamenti sanitari» (Corte cost., 23 giugno 1994, n. 258).

 

47) In fase emergenziale, di fronte al bisogno pressante, drammatico, indifferibile di tutelare la salute pubblica contro il dilagare del contagio, il principio di precauzione, che trova applicazione anche in ambito sanitario, opera in modo inverso rispetto all’ordinario e, per così dire, controintuitivo, perché richiede al decisore pubblico di consentire o, addirittura, imporre l’utilizzo di terapie che, pur sulla base di dati non completi (come è nella procedura di autorizzazione condizionata, che però ha seguito – va ribadito – tutte le quattro fasi della sperimentazione richieste dalla procedura di autorizzazione), assicurino più benefici che rischi, in quanto il potenziale rischio di un evento avverso per un singolo individuo, con l’utilizzo di quel farmaco, è di gran lunga inferiore del reale nocumento per una intera società, senza l’utilizzo di quel farmaco.

 

48) E ciò non perché, come afferma chi enfatizza e assolutizza l’affermazione di un giusto valore concepito però come astratto bene, la persona receda a mezzo rispetto ad un fine o, peggio, ad oggetto di sperimentazione, in contrasto con il fondamentale principio personalista, a fondamento della nostra Costituzione, che vede nella persona sempre un fine e un valore in sé, quale soggetto e giammai oggetto di cura, ma perché si tutelano in questo modo tutti e ciascuno, anzitutto e soprattutto le più vulnerabili ed esposte al rischio di malattia grave e di morte, da un concreto male, nella sua spaventosa e collettiva dinamica di contagio diffuso e letale, in nome dell’altrettanto fondamentale principio di solidarietà, che pure sta a fondamento della nostra Costituzione (art. 2), la quale riconosce libertà, ma nel contempo richiede responsabilità all’individuo.

 

49) E in un ordinamento democratico la legge non è mai diritto dei meno vulnerabili o degli invulnerabili, o di quanti si affermino tali e, dunque, intangibili anche in nome delle più alte idealità etiche o di visioni filosofiche e religiose, ma tutela dei più vulnerabili, dovendosi rammentare che la solidarietà è «la base della convivenza sociale normativamente prefigurata dalla Costituzione» (Corte cost., 28 febbraio 1992, n. 75).

 

50) Il margine di incertezza dovuto al c.d. ignoto irriducibile che la Legge deve fronteggiare in un’emergenza pandemica tanto grave, per tutte le ragioni esposte, non può dunque giustificare, né sul piano scientifico né sul piano giuridico, il fenomeno della esitazione vaccinale, ben noto anche all’Organizzazione Mondiale della Sanità, proprio nei medici e nel personale sanitario.

 

51) La vaccinazione obbligatoria selettiva introdotta dall’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021 per il personale medico e, più in generale, di interesse sanitario risponde ad una chiara finalità di tutela non solo – e anzitutto – di questo personale sui luoghi di lavoro e, dunque, a beneficio della persona, secondo il già richiamato principio personalista, ma a tutela degli stessi pazienti e degli utenti della sanità, pubblica e privata, secondo il pure richiamato principio di solidarietà, che anima anch’esso la Costituzione, e più in particolare delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili (per l’esistenza di pregresse morbilità, anche gravi, come i tumori o le cardiopatie, o per l’avanzato stato di età), che sono bisognosi di cura ed assistenza, spesso urgenti, e proprio per questo sono di frequente o di continuo a contatto con il personale sanitario o sociosanitario nei luoghi di cura e assistenza.

 

52) La ratio di questa specifica previsione si rinviene non solo nelle premesse del d.l. n. 44 del 2021, laddove si evidenzia «la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per garantire in maniera omogenea sul territorio nazionale le attività dirette al contenimento dell’epidemia e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica, con riferimento soprattutto alle categorie più fragili, anche alla luce dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche acquisite per fronteggiare l’epidemia da COVID-19 e degli impegni assunti, anche in sede internazionale, in termini di profilassi e di copertura vaccinale», ma nello stesso testo normativo dell’art. 4, quando nel comma 4 richiama espressamente il «fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza» o precisa ancora, nel comma 6, che «l’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2».

 

53) La previsione interseca non solo il più generale e grave problema della sicurezza nei luoghi di lavoro a tutela dei lavoratori, disciplinata dal d. lgs. n. 81 del 2008, ma anche – e ciò rileva particolarmente in questo giudizio – il principio di sicurezza delle cure, enunciato tra l’altro dalla l. n. 24 del 2017 (c.d. legge Gelli-Bianco), laddove, nell’art. 1, comma 1, afferma solennemente il principio secondo cui la sicurezza delle cure è «parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettività».

 

54) La sicurezza delle cure, precisa il comma 2, si realizza anche mediante l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.

 

55) Aggiunge il comma 3 del richiamato art. 1 che alle attività di prevenzione del rischio messe in atto dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, è tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che vi operano in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale.

 

56) Ora proprio in ragione di questo generale principio, che precede l’attuale emergenza epidemiologica ed implica la sicurezza anche di chi cura e del luogo di cura oltre che del come si cura, è lecito attendersi dal paziente bisognoso di cura e assistenza, che si rechi in una struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, ed è doveroso per l’ordinamento pretendere, che il personale medico od infermieristico non diventi esso stesso veicolo di contagio, pur sussistendo un rimedio, efficace e sicuro, per prevenire questo rischio connesso all’erogazione della prestazione sanitaria.

 

57) Sarebbe – e in taluni casi verificatisi in Italia a vaccinazione già avviata, purtroppo, è stato – un macabro paradosso quello per i quali pazienti gravemente malati o anziani, ricoverati in strutture ospedaliere o in quelle residenziali, socio-assistenziali o socio-sanitarie (al cui personale lavorativo anche esterno, opportunamente, il recente art. 2, comma 1, del d.l. n. 122 del 10 settembre 2021 ha infatti esteso l’obbligo vaccinale, inserendo nel d.l. n. 44 del 2021 l’art. 4-bis), contraessero il virus, con effetti letali per essi, proprio nella struttura deputata alla loro cura e per causa del personale deputato alla loro cura, refrattario alla vaccinazione.

 

58) Una simile evenienza, che il legislatore ha voluto scongiurare introducendo, come si è detto, l’obbligo vaccinale per il personale sanitario (e altre categorie) costituirebbe (ed ha costituito) un grave tradimento di quella «relazione di cura e fiducia tra paziente e medico» e, più in generale, tra paziente e gli esercenti una professione sanitaria che compongono l’équipe sanitaria, un ripudio dei valori più essenziali che la medicina deve perseguire e l’ordinamento deve difendere, a cominciare dalla solidarietà, concetto, questo, spesso dimenticato, come taluno ha osservato, in una prospettiva esasperatamente protesa solo a rivendicare diritti incomprimibili.

 

59) Tale relazione di cura e di fiducia, secondo l’art. 1, comma 2, della l. n. 219 del 2017, è il fulcro della prestazione sanitaria e si fonda sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico, responsabilità non secondaria né trascurabile nella tutela del paziente che viene a contatto con lo stesso medico e il personale sanitario.

 

60) Nel dovere di cura, che incombe al personale sanitario, rientra anche il dovere di tutelare il paziente, che ha fiducia nella sicurezza non solo della cura, ma anche nella sicurezza – qui da intendersi come non contagiosità o non patogenicità – di chi cura e del luogo in cui si cura, e questo essenziale obbligo di protezione di sé e dell’altro, connesso al dovere di cura e alla relazione di fiducia, non può lasciare il passo, evidentemente, a visioni individualistiche ed egoistiche, non giustificate in nessun modo sul piano scientifico, del singolo medico che, a fronte della minaccia pandemica, rivendichi la propria autonomia decisionale a non curarsi.

 

61) Questa scelta, che sarebbe in una condizione di normalità sanitaria del tutto legittima perché espressione della libera autodeterminazione e del consenso informato, di cui alla l. n. 219 del 2017, appena richiamato, costituisce nel contesto emergenziale in atto un rischio inaccettabile per l’ordinamento perché mette a repentaglio la salute e la vita stessa di altri – le persone più fragili, anzitutto – che, di fronte all’elevata contagiosità della malattia, potrebbero subirne e ne hanno subito le conseguenze in termini di gravità o addirittura mortalità della malattia.

 

62) Nel bilanciamento tra i due valori, quello dell’autodeterminazione individuale e quello della tutela della salute pubblica, compiuto dal legislatore con la previsione dell’obbligo vaccinale nei confronti del solo personale sanitario, non vi è dunque legittimo spazio né diritto di cittadinanza in questa fase di emergenza contro il virus Sars-CoV-2 per la c.d. esitazione vaccinale.

 

63) L’obbligatorietà della vaccinazione è una questione più generale che, oltre ad implicare un delicato bilanciamento tra fondamentali valori, quello dell’autodeterminazione e quello della salute quale interesse della collettività anzitutto secondo una declinazione solidaristica, investe lo stesso rapporto tra la scienza e il diritto, come è ovvio che sia, e ancora più al fondo il rapporto tra la conoscenza – e, dunque, l’informazione e il suo contrario, la disinformazione – e la democrazia.

 

64) In un ordinamento democratico, come ha rilevato anche di recente la Corte costituzionale nella sentenza n. 5 del 18 gennaio 2018 sulle vaccinazioni obbligatorie (re)introdotte dal d.l. n. 73 del 2017, rientra nella discrezionalità del legislatore prevedere la raccomandazione dei vaccini o l’obbligatorietà di questi e la scelta tra la tecnica della persuasione e, invece, quella dell’obbligo dipende dal grado di efficacia persuasiva con il quale il legislatore, sulla base delle acquisizioni scientifiche più avanzate ed attendibili, riesce a sensibilizzare i cittadini in ordine alla necessità di vaccinarsi per il bene proprio e, insieme, dell’intera società.

 

65) La Corte costituzionale, nella sua giurisprudenza (v., tra tutte, proprio la sentenza n. 5 del 18 gennaio 2018, ma anche la sentenza n. 258 del 23 giugno 1994, già richiamata, e la sentenza n. 307 del 22 giugno 1990) ha precisato che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost.:

 

65a) se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri;

 

65b) se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili;

 

65c) e se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria.

 

66) Tutte queste condizioni sono rispettate dalla vaccinazione obbligatoria ora introdotta dall’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021 [1].

 

 

 

[1] Consiglio di Stato Sezione Terza, sentenza n. 7045/21 pubblicata il 20.10.2021.

 

 

 

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
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