Scopo delle norme in materia di autorizzazioni di polizia.
Indice
Il senso delle norme in materia
La valutazione dei comportamenti
Una buona istruttoria fa la differenza
Il Consiglio di Stato sul punto
Il senso delle norme in materia
Le norme che disciplinano le autorizzazioni di polizia hanno una loro logica.
Questa logica coincide semplicemente con l’opportunità di evitare che le autorizzazioni al porto di armi vengano rilasciate a soggetti che, per i loro comportamenti, anche passati, denotino scarsa affidabilità sul corretto loro uso, potendo costituire un pericolo per l’incolumità e l’ordine pubblico.
A questo punto, ti chiederai a proposito dell’affidabilità sulle armi: come si stabilisce veramente per Legge?
La valutazione dei comportamenti
Andiamo allora a vedere, in sintesi, come avviene questa valutazione ma, per praticità, lo faccio riportando i principi generali della Legge, senza richiamare le singole disposizioni o i singoli articoli, codici o codicilli vari.
Dunque, rispetto a quanto detto all’inizio c’è da precisare subito una cosa.
Quando l’Autorità valuta i comportamenti della persona interessata, nel caso in cui dovesse decidere di non accogliere, ad esempio, un’istanza di rilascio della licenza (mettiamo di porto di fucile ad uso caccia), ebbene in quei casi sarà necessario che i comportamenti del richiedente facciano pensare ad una personalità violenta, incline a risolvere situazioni di conflitto anche con un ipotetico ricorso alle armi o, ancora, che siano in grado di attentare al patrimonio di altre persone con uso di armi.
In sintesi: parliamo di comportamenti che, secondo le norme, non danno la sufficiente garanzia di un corretto uso delle armi (vedi anche: uso distorto armi in possesso).
Una buona istruttoria fa la differenza
L’Amministrazione insomma, quando viene presentata un’istanza dal privato cittadino, deve svolgere una buona istruttoria sul caso specifico e di questo lavoro poi deve dare conto nella motivazione del suo provvedimento definitivo.
Infatti, proprio quella motivazione permetterà di capire se quella valutazione è stata effettuata secondo Legge oppure ha violato la Legge stessa, nel qual caso sarà bene mettere in cantiere un ricorso (vedi anche: questura puo fare come vuole?).
Il senso del discorso è, in pratica questo: l’accurato esame alla fine deve consentire una valutazione complessiva del soggetto e, quindi, deve tenere conto anche del percorso di vita del richiedente successivo, magari, ad eventuali episodi problematici ed ostativi del passato (pensiamo al caso dei vecchi reati).
Dunque, un eventuale diniego da parte del Ministero dell’Interno non potrebbe mai esclusivamente basarsi su quelle vecchie problematiche condotte, che portarono la persona a commettere in passato un reato, senza considerare tutti gli altri elementi che risultano dagli atti e che consentono all’Amministrazione una valutazione sull’affidabilità attuale del soggetto.
Tanto per fare un esempio: pensiamo ad un caso dove la persona interessata ha ricevuto dal Questore un rigetto dell’istanza di rilascio della licenza di porto di fucile ad uso caccia e, lo stesso Questore, non ha tenuto conto che, in precedenza, il Prefetto aveva revocato un precedente divieto di detenzione armi, tenendo conto di elementi favorevoli al richiedente, cosa appunto non fatta dal Questore.
Queste considerazioni generali hanno una certa importanza, dal momento che di fronte ad un eventuale rigetto dell’istanza di rilascio di porto di fucile ad uso caccia, ad esempio, sarà sempre possibile per l’interessato pensare di presentare un ricorso amministrativo, lamentando le descritte carenze argomentative all’interno di una motivazione come quella descritta (vedi anche: poteri autorita'amministrativa).
Con questo voglio dire che il riesame di una decisione sbagliata da parte del Ministero dell’Interno, Questura o Prefettura, può passare in prima battuta attraverso il ricorso al Tar oppure, in separata sede, attraverso un’istanza di riesame in autotutela.
Il Consiglio di Stato sul punto
Proprio per confermare, in chiusura, l’utilità pratica del discorso fatto, ti dico che il Consiglio di Stato sempre più di frequente viene chiamato a pronunciarsi su questioni analoghe e, sempre più spesso, emette decisioni favorevoli alla parte privata: un po’ quello che è successo con la sentenza della Terza Sezione n. 3199/2020 del 7 maggio 2020, pubblicata il 20 maggio 2020.
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