Casi in cui il Ministero dell’Interno emette un divieto detenzione armi su presupposti sbagliati. Come preparare il ricorso amministrativo.
La comunicazione di avvio procedimento
Errore del Ministero dell’Interno
Quando l’Autorità decide di effettuare controlli sulle armi, le situazioni in cui si può trovare non sono tutte uguali.
Facciamo un esempio, tra i tanti possibili.
Nel caso in cui nel corso di un controllo su armi, regolarmente detenute, la persona in questione risulta convivente con un figlio gravato da procedimento penale, a prima vista tale situazione non sembrerebbe offrire garanzie su un corretto utilizzo delle armi, che potrebbero astrattamente entrare nella disponibilità del congiunto ed essere usate in maniera impropria.
La comunicazione di avvio procedimento
Il Ministero dell’Interno e, per esso, la Prefettura competente, in questi casi avvia con ogni probabilità il procedimento tendente all’emissione di un divieto detenzione armi.
Chiaro che, di fronte a questa iniziativa, l’interesse di chi riceve la comunicazione di avvio del procedimento è quello di presentare subito le proprie osservazioni, segnalando tutte le circostanze rilevanti per permettere all’amministrazione di rivedere in meglio la sua rigida posizione.
Se, ad esempio, il destinatario della comunicazione spiega alla Prefettura che il congiunto ha cambiato residenza e che, quindi, la convivenza è venuta meno, ebbene questo dato dovrebbe essere favorevolmente valutato da parte del Ministero.
Se, in aggiunta, la persona interessata spiega all’Amministrazione che le armi in suo possesso sono, da sempre, custodite in una cassaforte blindata ancorata al muro con bulloni e chiusa con una serratura che può essere aperta solo da lui, in quanto le chiavi sono nella sola sua disponibilità, ecco che le armi in questione possono oggettivamente considerarsi come riposte in completa sicurezza, senza possibilità per alcuno di entrarvi in possesso.
Errore del Ministero dell’Interno
Quando gli elementi da valutare sono quelli descritti sopra, sbaglia l’Amministrazione se ritiene queste circostanze come giustificazioni non valide: nel momento in cui il Ministero commette tale errore valutativo incorre nel vizio di difetto di motivazione e di istruttoria, visto che in realtà quelle circostanze fanno venire meno il presupposto alla base del divieto e, in definitiva, la valutazione richiede un doveroso approfondimento [1].
In pratica: in tutti i casi in cui il divieto di detenzione armi è basato su presupposti errati, il rimedio che la persona interessata può utilizzare è il ricorso amministrativo.
Il ricorso va impostato facendo leva sulla violazione di legge ed eccesso di potere da parte della Prefettura.
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[1] Tar Latina Sezione Prima, sentenza n. 464/2020 pubblicata il 09.12.2020.