Il pericolo di abuso delle armi deve essere sempre provato e richiede un'adeguata valutazione non solo di un singolo episodio di tensione tra persone, ma anche della personalità del soggetto sospettato appunto di abuso.
Magari ti sarà già capitato di leggere post su questo particolare tema.
Posso dirti che, pur essendo un argomento più e più volte affrontato, rimane sempre attuale visto che i giudici se ne interessano costantemente.
Il Tar di Milano non fa eccezione e, proprio poco tempo fa, si è occupato del tema, con la sentenza n. 786 del 25.03.2021.
Una pronuncia che accoglie il ricorso dell’interessato, che si è visto notificare ingiustamente un divieto di detenzione armi.
Vediamo, allora, un po’ più da vicino il caso, sempre con l’intento di ricavarne il principio utile per una più ampia platea di persone appartenenti al mondo armiero.
Dunque, l'amministrazione ha disposto un divieto di detenere armi visto uno stato di tensione tra familiari conviventi, da un lato, e con il vicino di casa dall'altro.
Ebbene, dice il Tribunale: ferma restando la discrezionalità che connota il potere valutativo dell'amministrazione in materia, a tutela degli interessi primari della sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico, non va dimenticato che la discrezionalità deve essere esercitata in coerenza con la situazione di fatto, oggettivamente esistente.
Discrezionalità non vuol dire inventare situazioni, o ipotizzare l’impossibile o l’inverosimile.
In tema di divieto di detenzione e porto d'armi, o di revoca dei titoli autorizzativi, il potere discrezionale della pubblica amministrazione va esercitato nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale, sia sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell'adeguata istruttoria espletata.
Il pericolo di abuso delle armi deve essere comprovato e richiede un'adeguata valutazione non solo del singolo episodio, ma anche della personalità del soggetto sospettato, che possa giustificare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità, come in caso di personalità violente, aggressive o prive della normale capacità di autocontrollo.
Nel caso esaminato dal Tar Milano l'amministrazione ha centrato l'intera valutazione su un ipotizzato coinvolgimento dell’interessato in una lite condominiale che interessava la madre; lite dalla quale sarebbe derivata l'apertura di un procedimento penale a carico di entrambi, fermo restando che l'amministrazione non ha però precisato l'oggetto di tale procedimento.
Non solo: il provvedimento non ha messo niente in risalto circa l'effettiva consistenza del coinvolgimento del ricorrente nella vicenda e neppure vi sono indicazioni in ordine a suoi comportamenti violenti o tali da evidenziare, comunque, una sua inaffidabilità rispetto alla detenzione delle armi.
In conclusione: la persona interessata ha ragione è il divieto viene annullato, con condanna alle spese per il Ministero dell’Interno.
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