Mercoledì, 06 Gennaio 2021 15:31

Militari: quando il trasferimento d’autorità è una sanzione

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Casi in cui l’amministrazione militare dispone il trasferimento d’autorità del dipendente senza una reale esigenza organizzativa.

 

 

 

Trasferimento d’autorità insolito

Un caso pratico

Quando il trasferimento d’autorità è una sanzione

 

 

 

Trasferimento d’autorità insolito

Può sembrare strano, a prima vista, che un’amministrazione militare arrivi a disporre il trasferimento d’autorità per un proprio dipendente, mancando il presupposto giustificativo del trasferimento stesso, ossia la specifica esigenza organizzativa.

 

Sembra strano: tuttavia si tratta di situazioni non astratte, ma verificabili.

 

Evidente che, all’avverarsi di una circostanza di questo tipo, il militare dispone dello strumento difensivo rappresentato dal ricorso al giudice.

 

Diciamo subito una cosa: vero è che i provvedimenti per il trasferimento d'autorità di militari sono ordini, rispetto ai quali l'interesse del singolo a prestare servizio in una determinata sede assume, di norma, una rilevanza di mero fatto.

 

Ma tali provvedimenti, tuttavia, sono comunque pur sempre strettamente connessi alle esigenze organizzative dell'Amministrazione.

 

Non possono essere disposti per capriccio dell’Ente militare o, peggio, in una sorta di dipendenza di fatto con provvedimenti sanzionatori di tipo disciplinare.

 

 

 

Un caso pratico

Ipotizzando una situazione nella quale il trasferimento venga disposto al rientro in servizio del militare dopo aver scontato una sospensione disciplinare di un mese (esempio, tratto come spunto dalla sentenza di seguito commentata: per essere rimasto coinvolto in un incidente stradale in cui il ricorrente, fuori dall'orario di servizio, ha investito un pedone causandone il decesso), ecco in un caso del genere forti dubbi emergono sulla legittimità di un eventuale trasferimento d’autorità.

 

Non sarebbe infatti ammissibile che, senza alcun riferimento alle esigenze organizzative dell'amministrazione, il trasferimento del militare venisse disposto unicamente per i fatti che hanno determinato la sospensione disciplinare.

 

Un caso come quello qui descritto è stato affrontato, e favorevolmente risolto per il militare, dal Tar Napoli Sezione 7, con la sentenza n. 2232 dell’08.06.2020.

 

In estrema sintesi:

 

Secondo quanto segnalato dalla difesa erariale, l'incidente che ha determinato l'irrogazione della sanzione disciplinare per quel militare è stato ritenuto idoneo a pregiudicare l'efficiente svolgimento delle sue mansioni.

 

 

 

Quando il trasferimento d’autorità è una sanzione

Tuttavia, per effetto dei provvedimenti il militare, addetto alla conduzione di automezzi, è stato reimpiegato in altra sede senza modifica delle mansioni.

 

Ora: l'incidente che secondo le valutazioni dell'amministrazione avrebbe segnato profondamente il militare, è avvenuto alla guida di un veicolo, tanto da non apparire irragionevole chiedersi se sia la sede, o, al più, la mansione, quella sulla quale eventualmente intervenire per assicurare giusta motivazione ed un adeguato stimolo professionale.

 

Ad avviso del Tar il reimpiego impugnato rispetto alla esposta motivazione è illogico e poco ragionevole, rivelando piuttosto un connotato ulteriormente afflittivo.

 

Insomma: una seconda sanzione che, di fatto, si va ad aggiungere alla prima già irrogata e scontata.

 

Pur non avendo, infatti, l'Amministrazione l'onere di motivare il trasferimento dei militari ed avendo ampia discrezionalità nell'effettuazione delle scelte organizzative, tuttavia, emerge in modo evidente che, nel caso in esame, il reimpiego non è stato in alcun modo ricondotto ad esigenze organizzative dell'amministrazione.

 

Il fatto, poi, che nel caso specifico qui preso come spunto ciò sia avvenuto con il mantenimento delle mansioni di conduttore di automezzi presso altra sede, confligge con il dichiarato fine perseguito, ossia quello di assicurare reinserimento ed adeguato stimolo professionale al militare segnato dall'evento accidentale.

 

 

 

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Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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