In caso di condanna per reati contro l’ordine pubblico, quando interviene la riabilitazione la licenza “può” essere ricusata.
Un giudice di primo grado accoglie un ricorso.
La persona interessata sostiene che il provvedimento del Questore, di rigetto dell’istanza di rinnovo di porto di fucile uso caccia è viziato, in quanto l’Amministrazione ha violato un criterio di ragionevolezza, decidendo per il diniego dopo che l’interessato ha goduto del porto d’armi per svariati anni.
In pratica la Questura ritiene i precedenti penali di per sé ostativi al rilascio della licenza, questo nonostante l’intervenuta riabilitazione.
Il tribunale dà ragione alla parte privata e torto al Ministero.
L’Amministrazione non ci sta e presenta allora l’appello, opponendo l’applicabilità dell’articolo 43, comma 1, lettera b) TULPS, che consente di ritenere ostativa la condanna per il reato specifico.
La causa viene quindi portata all’attenzione del Consiglio di Stato, il quale afferma che nel nuovo assetto normativo, in caso di condanna per reati contro l’ordine pubblico, qualora sia intervenuta la riabilitazione la licenza può essere ricusata.
Ciò significa che non esiste più il precedente meccanismo automatico in forza del quale, nonostante la riabilitazione, la condanna per un reato in materia di ordine pubblico è inderogabilmente ostativa al rilascio della licenza.
Si tratta di una norma nuova che esprime un criterio di ragionevolezza ed è applicabile anche alle fattispecie precedenti l’entrata in vigore della novella legislativa.
In sostanza, quando si verifica un caso come quello deciso dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 1543/2021 pubblicata in data 22.02.2021, il suggerimento che sui può dare è di chiedere una rapida consulenza ad un avvocato specializzato in diritto amministrativo delle armi, il quale sarà in grado di indicare la corretta impostazione da dare al ricorso o all’eventuale appello, laddove l’Amministrazione si comporti come si è comportata nella circostanza sopra illustrata.
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